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Bandite!

Come ogni anno, in occasione del 25 Aprile, pubblichiamo un approfondimento dedicato alla partecipazione delle donne alla Resistenza, focalizzando l’attenzione di volta in volta su un diverso aspetto o su un particolare ruolo entro quella che fu una specificità dal valore indiscusso, non un appoggio alla lotta di Liberazione ma sua spina dorsale, come ricordato nel bel saggio di Marina Addis Saba, “Partigiane”, da cui abbiamo tratto alcune delle testimonianze che con voi condividiamo e che riguardano un compito specifico di cui le donne partigiane si fecero carico, con notevole spirito di iniziativa e forte rischio, quello della cura e dell’assistenza dei e delle combattenti … buon 25 Aprile! 

Organizzare un servizio sanitario clandestino richiedeva una buona dose di intraprendenza, improvvisazione e soprattutto la capacità di intuire chi, negli ospedali, tra le corsie o semplicemente in un ambulatorio di città fosse disposto ad assumersi il rischio di prestar le prime cure ad un partigiano ferito in combattimento, ad una staffetta aggredita dalla febbre, a un giovane con la bronchite o a una ragazza in fuga da un rastrellamento: si trattava di trovare farmaci e medicine e garze, un letto sicuro, un medico o un’infermiera che non tradissero, che non voltassero la testa dall’altra parte…

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I podcast de IL COLPO DELLA STREGA: sesta puntata (21aprile2014)

LE DONNE TRA FASCISMI E RESISTENZE

In questa puntata abbiamo raccontato le condizioni della donna durante il periodo fascista, in particolare facendo riferimento alle leggi sul lavoro, sul codice famigliare e alla forte saldatura con la Chiesa cattolica.

Collocare la storia delle donne in Italia durante il ventennio fascista di fatto equivale a tracciare la storia dell’Italia stessa, dal punto di vista culturale, sociale ed economico prima ancora che politico: è la storia del tentativo di costruire un ordine sociale caratterizzato da stabilità, disciplina e uniformità, dando vita ad una società compatta, profondamente gerarchizzata e che arginasse le spinte profondamente rivoluzionarie che si davano in quel momento storico.

Una delle pietre angolari per la realizzazione di questo ordine sociale, il modello cui uniformare un’intera comunità per quanto riguardava comportamenti, ruoli e relazioni non poté che essere, oggi come allora, la famiglia, quale si era precisata a partire dal primo Novecento: la famiglia piccolo borghese, in cui tutto ruotava intorno ai due cardini dell’esclusione delle donne e del potere indiscusso del capofamiglia maschile… la famiglia in cui vi era “un padre serio e severo, una madre tutta rivolta alle cure della casa e della famiglia, in cui le relazioni domestiche erano rigorosamente gerarchiche.

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La storia della partigiana combattente Elsa Oliva (Elsinki)

Dalla rubrica radiofonica “Storie di donne”. 

Leggiamo alcuni stralci da “La resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi”, a cura di Annamaria Bruzzone e Rachele Farina, Ed. La Pietra, 1975.

Appartengo a una famiglia di antifascisti di Piedimulera, un piccolo paese non lontano da Domodossola, dove sono nata nel 1921. Mio padre e mia madre si sono sempre rifiutati di iscriversi al partito fascista. Mio padre, dopo il 1929, è stato privato del posto di lavoro. Forse mio padre, che non era molto politicizzato, piuttosto che andare incontro a tanti guai avrebbe anche ceduto e preso la tessera. Ma c’era mia madre. E mia madre è sempre stata una socialista, proveniente da una famiglia di socialisti: un fratello fuoriuscito in Francia, un altro morto molto giovane perché picchiato dai fascisti. Da noi l’elemento forte della famiglia è sempre stata la mamma. Era una donna molto umile, una donna che, guardandola, nessuno avrebbe detto che avesse tanta personalità.

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Saffo, o i Frammenti di un discorso amoroso

La necessità di questo libro sta nella seguente considerazione: il discorso amoroso è oggi di un’estrema solitudine. Questo discorso è forse parlato da migliaia di individui (chi può dirlo?), ma non è sostenuto da nessuno; esso si trova ad essere completamente abbandonato dai discorsi vicini: oppure è da questi ignorato, svalutato, schernito, tagliato fuori non solo dal potere, ma anche dai suoi meccanismi (scienze, arti, sapere). Quando un discorso viene, dalla sua propria forza, trascinato in questo modo nella deriva dell’inattuale, espulso da ogni forma di gregarietà, non gli resta altro che essere il luogo, non importa quanto esiguo, di un’affermazione. Quest’affermazione è in definitiva l’argomento del libro che qui ha inizio. 

(Roland Barthes, Incipit dei Frammenti di un discorso amoroso)

Le notizie sulla vita di Saffo sono frammentarie come le poesie che il tempo ha conservato fino a noi. Vissuta a cavallo tra il VII e il VI secolo, nacque a Lesvos, una tra le più estese delle isole greche, aspra e rocciosa, affacciata sulla costa dell’Asia Minore. Contemporanea e compatriota di un altro grande lirico, Alceo, che la definì- divina, coronata di viole, sorriso di miele- Saffo apparteneva ad una famiglia aristocratica, e sebbene nella sua opera si trovino scarsissimi riferimenti alla situazione politica della sua terra, appare ormai certo che dovette trascorrere un periodo d’esilio in Sicilia, a causa delle aspre contese che dilaniarono l’isola. Sposata ad un uomo ricchissimo, il mercante Cercila, ebbe una figlia, Cleide.

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Dalla rubrica radiofonica “DONNE IN ARTE”: la cineasta Daniéle Huillet

Iniziamo facendo sentire la sua voce. E’ l’inquadratura iniziale del film TROPPO PRESTO TROPPO TARDI e la voce fuoricampo è la sua. Si tratta di un film del 1980 che la stessa Daniele Huillet presenta così…

«Vengono mostrati molti teatri dell’oppressione, della ribellione, si ascoltano i rumori del presente, viene raccontata la storia di classe della Francia nei mesi che precedettero il 1789 con le parole di Friedrich Engels e una voce di donna (la mia!, in tedesco con accento francese, affinché esista un legame con i paesaggi e i nomi), e poi, da una voce d’uomo con accento arabo, la storia delle lotte contadine in Egitto e della liberazione dai colonizzatori occidentali, ma non dell’oppressione di classe nel proprio paese.»

https://www.youtube.com/watch?v=7lyWAQPzczg dal minuto 2.13 fino al 3.23

Raccontare Daniele Huillet significa provare a raccontare il suo cinema e la simbiosi artistica e di vita con il suo compagno JeanMarie Straub.

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I podcast de IL COLPO DELLA STREGA: quinta puntata (14aprile2014)

Con Anna nel cuore.

Quinta puntata dedicata all’informazione e alla controinformazione sulla pillola RU486, contro ogni strumentalizzazione da parte della casta medica, dei media e dei movimenti antiabortisti, per una riappropriazione dei saperi sul proprio corpo da parte delle donne. Insomma, tutto ciò che dovremmo sapere per poter scegliere consapevolmente, liberamente e poterci autodeterminare. Con l’aiuto della nostra compagna ginecologa abbiamo cercato di fare chiarezza e fornire tutte le informazioni utili sulla RU486. Partendo da noi, abbiamo raccontato le nostre esperienze e riportato quelle delle nostre amiche e compagne, quasi sempre difficili, tra ospedali zeppi di obiettori, stigmatizzazione sociale e scarsa informazione.

Per la rubrica “Donne in arte”, abbiamo parlato di Daniéle Huillet, cineasta straordinaria. L’abbiamo raccontata attraverso il suo cinema, la sua estetica ed etica cinematografica, la sua voce fuoricampo nei suoi film, alcune sue interviste, stralci di testi e considerazioni tutte nostre. Speriamo di avervi invogliate/i a cercare e vedere il suo cinema.

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Anna siamo tutte noi

Ancora per Anna, dalle compagne e i compagni del C.S.O.A. Gabrio
 
“Torino, donna muore dopo l’aborto con la pillola”,  La Stampa, 11 aprile 2014
 “Aborto, muore in ospedale dopo aver usato la RU486”,  Repubblica, 11 aprile 2014
 “Morta dopo l’aborto farmacologico anche il ministero apre un’inchiesta”,  La Stampa, 12 aprile 2014

Torino, una donna di 36 anni muore in ospedale dopo aver effettuato un’interruzione di gravidanza.  I quotidiani hanno le idee chiare. C’è aria di scoop, inizia la giostra.

Eh già, perché non solo è morta di aborto (dato ancora da verificare, dal momento non ci sono gli esiti dell’autopsia), ma di aborto farmacologico e si tratterebbe del primo caso in Italia, uno dei pochi nel mondo.

Non importa che quella donna si chiami Anna (il grande pubblico conoscerà il suo nome appena qualche ora dopo il decesso) e nemmeno importa davvero chi sia stata e se avrebbe voluto diventare la prima pagina di un quotidiano. Quel che conta è che fa notizia: la sua morte spalanca le porte alla mai sopita polemica sull’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico, da pochi anni entrata anche in Italia nei protocolli ufficiali per l’IVG. E, per gli antiabortisti, rappresenta una ghiotta occasione per tentare il colpo e sferrare nuovi attacchi alla legge 194, che dal 1978 consente alle donne di scegliere se portare avanti o meno una gravidanza.

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Per Anna. Tutte con qualcosa di rosso…

Anna…

le compagne, le amiche, le sorelle femministe, di tutte le generazioni, che hanno lottato e che continuano a lottare per non morire d’aborto, abbracciano te, il tuo bimbo, la tua famiglia e ti ricordano con le parole delle tue compagne e dei tuoi compagni del Csoa Gabrio:

Anna era una donna libera, che si autodeterminava; era una compagna, una lottatrice, un’agitatrice col sorriso.
L’abbiamo persa in un sospiro, vorremmo starcene stretti, a sfogare il dolore.
Ma Anna si merita altro.
Anna ha lottato contro la precarizzazione della sua vita, così come tante altre persone oggi.
Anna era una mamma meravigliosa, era la maga in cucina, lo spazio bimbi che ha aiutato a mettere su con altre mamme e papà, era la maestra d’ infanzia che lottava contro un lavoro precario, era la capacità di reinventarsi contadina e trasformatrice nei mercatini autogestiti, era l’amore per il territorio, contro il TAV, le speculazioni e la svendita dei beni comuni.
Non possiamo stare zitti mentre gli avvoltoi non perdono l’occasione di fare campagna antiabortista. Non possiamo tacere di fronte ai giornalisti che come topi rosicchiano il dolore e ingrassano la notizia.
Non possiamo accettare neanche che si dica “é tutt’apposto, l’RU486 é sicura”, é una tragica fatalità perché noi – come Anna – siamo per l’aborto libero, gratuito e sicuro, e non si dovrebbe morire a 36 anni per un’interruzione volontaria di gravidanza tra le mura di un ospedale.
In questo momento vorremmo stare in silenzio, per elaborare la tragedia, per non parlare prima di sapere cosa é successo, perché la risposta a quel che é successo può essere d’aiuto ad altre donne, e questo Anna, come noi, lo avrebbe voluto.
Quello che sappiamo é che non avrebbe mai desiderato essere lo strumento di altri.
E allora chiediamo rispetto per Anna, per noi e per la sua famiglia.

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Niente, nessuno, in nessun luogo, mai: la morte postuma di Camille Claudel

Dall’approfondimento radiofonico per la rubrica “Donne in arte”.

PARTE SECONDA

Comunque ne avete uno, o molti, ma ne fate uno comunque, non potete desiderare senza farne uno- e vi aspetta, è un esercizio, una sperimentazione inevitabile (…)Non è rassicurante, perchè potete fallire. Oppure può essere terrificante, può condurvi alla morte. E’ non-desiderio come è desiderio. Non è assolutamente una nozione, un concetto, piuttosto si tratta di una pratica, di un insieme di pratiche. Il Corpo senza Organi, non lo si raggiunge mai, è un limite. Si dice “Cos’è il Corpo senza Organi?”ma si è già su di esso, trascinandosi come un pidocchioso, brancolando come un cieco e correndo come un pazzo, viaggiatore del deserto e nomade della steppa. Su di esso dormiamo, vegliamo, combattiamo, vinciamo e siamo vinti, cerchiamo il nostro posto, conosciamo inaudite felicità e favolose cadute, penetriamo e siamo penetrati, amiamo. Il 28 novembre 1947 Artaud dichiara guerra agli organi: Per farla finita col giudizio di Dio “perchè legatemi, se volete, ma non c’è nulla che sia più inutile di un organo”. Si tratta di una sperimentazione che non è solo radiofonica ma anche biologica, politica, e attira su di sè censura e repressione. Corpus e Socius, politica e sperimentazione. Non vi lasceranno sperimentare nel vostro cantuccio.

(Gilles Deleuze, Felix Guattari Come farsi un corpo senza organi, Millepiani)

Abbiamo lasciato Camille impolverata ed eccitata, al Depot des Marbres, l’atelier di Auguste Rodin…lei sbozza il marmo per lui molte ore al giorno ricevendone in cambio lezioni gratuite…I due stringono una relazione sentimentale che inizialmente lei gestisce, con saggezza e consumata freddezza. Sa che lui, di 24 anni più vecchio, è legato da sempre a Rose, la donna semplice ed analfabeta che lui nasconde al mondo, la docile custode delle sue opere. Sa, soprattutto, che la sua famiglia perbene -la madre, la sorella minore, il fratello Paul- non accetterebbe mai una relazione così irregolare, così “immorale”. Sa anche, con una veggenza che travalica i suoi giovani anni, che è una storia nella quale, fin dal principio, si sente stretta nella morsa di una contraddizione struggente: tra un amore appassionato che rischia, in quanto tale, di normalizzarla, e il potente flusso della sua arte, che ha bisogno di spazio, tempo, indipendenza, e forse anche di solitudine.

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La quarta puntata de IL COLPO DELLA STREGA (7aprile2014)

Tema della quarta puntata il rapporto tra politica e immagine femminile, in particolare la strumentalizzazione di un certo tipo di donna in un contesto di forte e generale estetizzazione della politica. Siamo partite dalla Jeune Fille di Tiqqun per arrivare agli scritti di Benjamin su L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, passando per La società dello spettacolo di Guy Debord. Non dimenticando naturalmente esempi di attualità come le elezioni in Francia con il tentativo di dedemonizzazione dell’estrema destra attraverso l’immagine della figlia di Le Pen; la nuova ministra della difesa tedesca, moglie fedele, madre di 7 figli e super donna in carriera; la candidatura dell’avvocata sfregiata dall’acido da parte del PD; l’evoluzione del modello di donna vincente in politica, dalla Tatcher alla femminilità giovane o giovanile, oggi diventata un attributo fondamentale e imprescindibile. L’essere giovani e seduttive è obbligo non solo estetico ma quasi morale, tanto che la femminilità giovanile ha assunto un valore anche etico in quanto portatrice di novità, freschezza, pulizia, moralità. E ancora ci siamo confrontate sul sessismo usato come arma di distrazione di massa dai media mainstream ma anche dalla politica istituzionale stessa, orgogliosa di popolare il gossip che fotografa e scrive delle donne in quanto corpi, acconciature, montature di occhiali, perdita di peso, look e stile, spogliandole completamente delle loro competente. Un processo che sta investendo anche gli uomini, perchè la donna ancora una volta è laboratorio di pratiche che poi vengono estese e applicate a tutti.

Per la rubrica “Donne in arte”, la seconda puntata dell’approfondimento su Camille Claudel. Sul nostro blog www.medea.noblogs.org, potrete trovare anche il testo e i materiali a cui ci siamo ispirate.

Per finire, la storia di Vera e Libera Arduino per la rubrica “Storie di donne”.

Buon ascolto…

La prima parte della trasmissione

e qui la seconda…

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