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Da una sponda all’altra: vite che contano

Riceviamo dalle VenticinqueUndici e condividiamo.

Carissime, in questi giorni circola un appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi. Come sapete, subito dopo la rivoluzione molti giovani sono partiti verso l’Europa rivendicando la loro libertà di movimento. Di circa 500 di loro  non ci sono più notizie.
Le famiglie dei migranti dispersi, dopo essere state ignorate dalle istituzioni tunisine, italiane ed europee, si sono organizzate attorno a questo appello per pretendere che le impronte, che servono per  schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli.
Come gruppo di donne, Le2511, abbiamo assunto questo appello perché pensiamo sia un atto politico fare più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare denunciando la colpa delle politiche di governo delle migrazioni, e perché vogliamo rendere visibile che  in  Africa e  in Europa ci sono donne e uomini che reagiscono al dolore chiedendo con forza che nessuno possa scomparire così, in mare come nei centri di identificazione ed espulsione e nelle prigioni.

Mentre le famiglie in Tunisia si mobilitano affinché il Ministero degli Esteri tunisino chieda al Ministero degli Interni italiano una verifica sulle impronte, noi, insieme ad alcune donne tunisine, qui in Italia ci stiamo mobilitando affinché il Ministero degli Interni raccolga questa richiesta rendendo pubblica la procedura di verifica di cui vogliamo controllarne gli esiti.

A Parma a Milano a Tunisi lo striscione Da una sponda all’altra: vite che contano e (in arabo)  Dove sono i nostri figli? è stato esposto sabato 17 dicembre, nell’anniversario della morte di Mohamed Bouazizi che ha dato inizio alla rivoluzione tunisina, e in occasione della Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti.
Per il prossimo gennaio ci sarà una giornata di informazione pubblica a Milano in preparazione dell’iniziativa che stiamo organizzando per il 14 gennaio 2012, anniversario della rivoluzione, insieme alle donne tunisine.
Vi chiediamo di firmare l’appello che trovate qui sotto e di contattarci se volete condividere questo percorso.
Il desiderio dei familiari dei migranti tunisini dispersi per la vita dei loro figli è talmente radicale da superare confini e barriere e giungere sino a noi che non possiamo restarne indifferenti perché con sé porta  il desiderio di libertà che quegli uomini e donne hanno agito nell’attraversamento dello spazio.
Le2511
per contatti: venticinquenovembre@gmail.com

Appello per i migranti tunisini dispersi
Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere.
Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia.
Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…?
Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere.
Immagini, tu? Se riesci a immaginare ti chiediamo di sostenere con una firma questo appello.

Per firmare:  venticinquenovembre@gmail.com

Posted in comunicati/volantini, corpi, iniziative, migranti, no cie, resistenze.