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Formiche e Cicale al tempo della crisi

L’analisi di eventuali differenze legate al genere per quanto riguarda, in ambito economico e finanziario, i comportamenti di investitori e risparmiatori è stata a lungo legata e quindi risolta appellandosi ai dati storici della maggior prudenza delle donne rispetto agli uomini per quanto riguarda gli investimenti,  della  loro minor propensione al rischio e infine della rilevante tendenza delle donne alla delega delle proprie scelte ad un operatore finanziario oggi e al marito, padre o fratello in precedenza.

Si tratta di un ambito, quello appunto della differenza di genere per quanto riguarda la gestione del denaro e dei risparmi, di indagine di recente attenzione da parte degli esperti di intermediazione finanziaria, private banking ed economia, eccettuando, naturalmente, tutto quel filone filosofico, politico e sociologico, anche femminista, che ha affrontato, e scelto di studiare, o direttamente il nesso tra patriarcato e capitalismo o le recenti trasformazioni del lavoro nella direzione della femminilizzazione o, in particolare, il nodo della riproduzione e della cura nelle società occidentali a fronte della crisi del Welfare.

E’ quindi decisamente interessante, riteniamo, la pubblicazione sul Sole 24 Ore del 12 giugno scorso di alcuni dei dati che vanno a comporre la ricerca realizzata da ISPO (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione) per Intesa Sanpaolo, svolta per interviste a un campione di risparmiatori diviso in 2277 uomini e 3233 donne e avente come focus l’atteggiamento, per genere, verso la crisi economica, il risparmio e gli investimenti: anche in questi settori si conferma il trend già ampiamente documentato per quanto riguarda il mercato del lavoro, vale a dire che comportamenti e caratteristiche ritenute culturalmente e socialmente femminili, si declinano come modello generale di orientamento.

In ambito finanziario, nell’era della crisi, le donne rappresentano un tipo cui gli uomini tendono ad assomigliare: maggior propensione al risparmio, maggior prudenza nelle scelte di allocazione delle risorse finanziarie e maggior attenzione alla valutazione dei tratti distintivi di offerte di prodotti e servizi.

L’approccio cosiddetto tradizionale delle donne alla finanza, per cui, per esempio, vi era una predilezione per genere per il settore immobiliare ( 60% delle donne contro il 50% degli uomini), indice della ricerca di un rendimento assoluto, positivo e costante, se non, nella percezione comune, sicuro, soprattutto nell’ottica della pianificazione del futuro dei figli, ebbene, tale approccio è ormai divenuto inclinazione anche del cliente di sesso maschile, tanto da costringere gli stessi gestori finanziari ad adeguarsi: la crisi ha indotto tutti ad una maggior attenzione alla protezione del capitale e ad un generalizzato abbassamento del profilo di rischio, naturalmente con la conseguenza che i rendimenti sono molto più contenuti rispetto al passato.

Un altro tratto importante che emerge dalla ricerca commissionata da Intesa Sanpaolo riguarda la decisa tendenza delle donne a gestire in autonomia non solo il proprio patrimonio, tant’è che per quanto riguarda i progetti di imprenditoria femminile il tasso di crescita è costante in Italia, sia per le italiane sia per le straniere che decidono di avviare una propria attività, ma anche a reggere in prima persona e in modo indipendente dal marito/compagno il reddito familiare: circa il 27% delle intervistate ha dichiarato di occuparsi da sole dell’amministrazione economica del nucleo familiare per rendite, risparmi e investimenti.

La valutazione positiva di alcuni di questi elementi non tragga in inganno, infatti basta andare un po’ più a fondo nell’esame dei dati, per esempio incrociandoli, per accorgersi ancora una volta di quanto, in un settore tipicamente maschile come quello economico- finanziario, appena si esce dall’ambito familiare e si entra in quello lavorativo, vale a dire si passa da clienti a operatori specializzati, e in cui le scelte, dall’assunzione del personale alla gestione dei grandi portafogli, sono di quasi esclusivo appannaggio di manager e direttori uomini, ecco che il famoso tetto di cristallo torna a farsi sentire con tutta la sua trasparente ma solida consistenza.

Con l’espressione “soffitto di cristallo” le femministe anglosassoni hanno definito quell’ostacolo invisibile ma difficilmente superabile che tiene le donne, per la grande maggioranza, ben al di sotto dei luoghi in cui si esercita una qualche autorità o si prendono decisioni… e infatti, per tornare all’argomento che stiamo trattando, se le donne si prendono sempre più la responsabilità della gestione del patrimonio familiare, solo il 4% svolge attività di day- trader, ossia effettua operazioni di borsa, di vendita e di acquisto di titoli in giornata per ricavarne un utile, profilo di grande rilevanza per risparmiatori e investitori.

Sempre dall’esame di alcuni dei risultati della ricerca, spiccano altri due fattori di forte significato, meno tecnici e quindi interessanti perché sembrano perpetuare stereotipi e divisioni di ruoli emotivi per genere,  pur se, ad un’analisi accurata, si configurano come sempre più generali perché si è limata decisamente la forbice percentuale avvicinando così uomini e donne: è vero che queste ultime continuano a essere più pessimiste, o realiste!, degli uomini rispetto alla durata e agli effetti della crisi, non sono affatto convinte di una ripresa del ciclo economico nei prossimi mesi e mostrano maggior preoccupazione per il futuro sia per sé sia per la collettività…ma se la formica ha timore, e ammassa, la cicala non canta di certo: convinti di saperne di più in materia di economia e finanza (il 7% degli uomini si dichiara molto competente a fronte del 3% delle donne), gli uomini cominciano a guardare alla formica con nuovo interesse e mostrano di riconoscere un valore crescente, nel rapporto con la banca, con l’operatore finanziario, con l’agente di borsa, alla fiducia, alla correttezza e alla trasparenza.

Anche questa è, ovviamente, una ghettizzazione per genere, non nuova e tutta costruita per dicotomie e ruoli,  gli stessi che ben conosciamo, e vorremmo demolire,  a partire dal primo, produzione/riproduzione, per cui le donne sarebbero fiduciose, corrette, chiare (!), e gli uomini imprudenti, azzardati e spericolati,  ma quello che è interessante, e va monitorato con attenzione, è che, velocemente, banche e società finanziarie osservano, ghermiscono, usano.

Nel mondo del lavoro femminilizzazione è ormai sinonimo di precarietà, per tutti e tutte.

Nel mondo della finanza, formiche e cicale quale prezzo di razzia stanno pagando o dovranno scontare?

Riferimenti:

Donne un po’ meno formiche, Marco lo Conte, il Sole 24 Ore del 12 giugno 2011

Intervista a Caterina Lucarelli docente di economia intermediari finanziari

Intervista a Manuela d’Onofrio, direttore investimenti Unicredit Private Banking

Posted in pensatoio, precarietà.


One Response

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  1. elisa sgobba says

    FINALMENTE UNA RIFLESSIONE DI GENERE SU QUESTI TEMI, COMPLIMENTI PER IL LAVORO SVOLTO.