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Texas – Ecografia coatta pre Ivg

Abbiamo letto in rete una notizia a dir poco sconvolgente. Arriva, neanche a dirlo, da uno degli stati più conservatori e reazionari degli Stati Uniti. Il governo federale del Texas ha infatti approvato una legge che impone alle donne che intendono abortire negli ospedali dello stato, di sottoporsi ad un’ecografia obbligatoria prima dell’interruzione di gravidanza. Ovviamente il tutto a proprie spese, visto che Obama per convincere i repubblicani a votare la sua riforma sanitaria, aveva ceduto alle pressioni di non inserire l’ivg nelle prestazioni garantite da quello strano abbozzo di sistema sanitario pubblico.

A questo proposito, facciamo un passo indietro.

Se tra i primi atti da presidente, il 23 gennaio del 2009, vi era stato il decreto che sanciva l’abolizione della Mexico City Policy, istituita da Reagan e ripristinata da Bush, che negava i finanziamenti federali alle organizzazioni che praticano l’aborto e, di seguito, la firma del Freedom of Choice Act, non approvato dal Congresso, con il quale si toglieva validità ai regolamenti statali che proteggono i bambini non nati ed si eliminava la clausola di coscienza per il personale sanitario, con la riforma sanitaria Obama aveva compiuto una rottura netta

Il presidente degli Stati Uniti aveva addirittura rinviato il suo viaggio in Indonesia per firmare l’ordine esecutivo che rafforzava il divieto di usare i fondi federali per rimborsare le spese delle interruzioni di gravidanza, e solo con questa personale garanzia del presidente, il gruppo dei parlamentari antiabortisti, guidati dal deputato Bart Stupak del Michigan (i cui voti erano decisivi) era passato a favore della riforma, garantendo la maggioranza per l’approvazione della legge.

Sin dalla bozza presentata questa riforma si era distinta, in sostanza, per il suo forte carattere restrittivo in materia di aborto: Stupak alla Camera aveva presentato un emendamento, poi approvato, che vietava il finanziamento in qualsiasi forma, e in qualsiasi circostanza, di pratiche abortive e la sua crociata per escludere l’aborto dalle prestazioni del servizio sanitario pubblico era stata sostenuta dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti, che, anche nell’ambito delle funzioni religiose delle chiese in tutto il Paese, aveva più volte dichiarato che l’appoggio al progetto di riforma non poteva essere solo politico, ma soprattutto morale.

Rispetto al testo della Camera, al Senato, in effetti, c’è stato un aggiramento parziale del divieto netto: chi sceglie una polizza che contiene l’aborto dovrà, a riforma approvata, pagare questa prestazione separatamente, in pratica serviranno due ricevute, una che certifica l’acquisto, obbligatorio, di una polizza assicurativa completamente deducibile, un’altra invece che certifica la copertura per l’interruzione di gravidanza, come servizio a parte, che è interamente a carico del cittadino/a.

Dal momento, però, che il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza è drammaticamente aumentato tra le donne più povere, soprattutto giovanissime e nere, non si vede come, senza il sostegno di fondi federali alle cliniche, possano queste ultime avere accesso alla copertura assicurativa a parte: chi può pagare, come sempre, sceglie, chi non può pagare, come sempre, si arrangia.

Ora questa norma in Texas, che stabilisce per le donne che scelgono di interrompere la gravidanza, l’obbligo di fare un’ecografia “tra le 72 e le 24 ore prima dell’aborto”. Le donne saranno inoltre costrette a prendere visione delle immagini generate dall’esame, a consultare un medico che fornirà la spiegazione dei risultati del test, e ad ascoltare il suono del battito cardiaco del feto – nel caso in cui sia possibile udirlo. Niente di più feroce!

Ci hanno spesso raccontato le amiche ginecologhe, quanto spesso sia penosa l’ecografia fatta prima di abortire e che per delicatezza e rispetto, per evitare inutili traumi, allontanano lo schermo in modo che alle donne sia impedito di guardare le immagini ecografiche. Figuriamoci dover esser costrette a guardare, ascoltare e quindi elaborare forzatamente l’idea di una presenza fisica dentro il proprio corpo, concretizzandola in una visione appena sfuocata o in un flebile battito del cuore. Un’invenzione tecnica, quella dell’ecografia che come diceva Barbara Duden, ha dato l’illusione di eliminare ogni confine visivo spingendo la donna a personificare l’embrione.

La prima versione di questa legge, presentata al Senato nei mesi scorsi, conteneva inizialmente un passaggio che garantiva l’esenzione dall’esame ecografico almeno per le donne vittime di violenza sessuale o incesto. Ma nel passaggio alla Camera, in cui i repubblicani hanno una netta maggioranza, anche queste eccezioni sono state cancellate. La legge verrà dunque applicata interamente: una vittoria importante per i gruppi anti-abortisti texani, che godono purtroppo delle simpatie di una grossa fetta della popolazione del Paese.

L’esame, assolutamente inutile dal punto di vista medico e clinico, avrà come unico risultato quello di colpevolizzare e traumatizzare ulteriormente le donne che si trovano già nella difficile situazione di fare questa scelta. Possiamo immaginarci quanto potrebbero essere pesanti le conseguenze psicologiche di un test di questo tipo, oltretutto se svolto in maniera coatta.

L’opposizione aveva timidamente avanzato alcune critiche, definendo il provvedimento “un’intrusione governativa del peggior tipo”.  Pare che i democratici avessero proposto numerose varianti al disegno di legge iniziale, se non per bloccare la norma, almeno per “addolcirla”. Harold Dutton, parlamentare democratico, aveva suggerito che nel caso in cui la gravidanza non venisse più interrotta dopo il test ecografico, lo stato avrebbe dovuto provvedere di tasca sua all’educazione universitaria del nascituro, e avrebbe coperto le sue spese sanitarie fino alla maggiore età.

Insomma una sorta di premio in denaro per convincere la donna a non abortire. Un espediente che ci ricorda tanto il Movimento per la vita nostrano. Entrambe le proposte sono però finite in niente.

Il carattere stringente della legge non lascia tra l’altro alcuno spazio per eventuali obiezioni di coscienza da parte dei medici nel caso in cui scelgano di non imporre l’ecografia alle donne che si presentano chiedendo di abortire. L’inosservanza della legge da parte dei medici verrà infatti sanzionata con la perdita della licenza di esercizio della professione.

Davvero un percorso a ostacoli.

Sul nostro corpo non ci è dato decidere autonomamente, anzi, a quanto pare non è prevista né ripugnanza né vergogna, perché divenuti abitudini di potere, per l’ abuso, lo scambio, la macelleria di corpi di donne con lo scopo di vendere, comprare, o per scambio, ma è a noi, a noi donne, che si chiede di provar vergogna, perché abortire è una colpa, e come tale la colpevole va ostacolata in tutti i modi. Sappiamo, poi, che l’aborto è un tema caldo: sposta voti, crea consensi o mette in difficoltà, quando non diventa esplicitamente terreno di scontro politico o utile moneta di scambio se la posta in gioco è molto alta.

Continua ad essere prioritaria la salvaguardia di un embrione piuttosto che di milioni di persone, uomini donne bambini vivi, privi di assistenza sanitaria ed esclusi da quello che dovrebbe essere l’unico principio morale a difesa della vita: la possibilità di curarsi, di poter comprare i farmaci di cui si ha bisogno, di poter accedere a prestazioni mediche a tutela della propria salute e di una più dignitosa qualità della propria esistenza.

In America gli aborti continuano a diminuire, non solo per un maggior ricorso ai metodi contraccettivi ma soprattutto, secondo i dati delle organizzazioni pro-choice, per la difficoltà in alcuni stati ad ottenere di poter interrompere una gravidanza: ben 22 stati, in cui risiede la metà della popolazione, approverebbero leggi più restrittive se non fosse per i vincoli cui sono tenuti dalle leggi federali; in sud Dakota è proibito e basta, in Pennsylvania, Ohio e Michigan, vi sono leggi che limitano il più possibile il diritto all’aborto. I medici infatti devono informare le donne che desiderano un aborto delle alternative possibili e devono aspettare almeno 24 ore prima di compiere la procedura; in altri stati, inoltre, i medici e interi ospedali possono rifiutarsi di eseguire interruzioni di gravidanza e le minorenni devono avere il consenso dei genitori. L’aborto tardivo, dopo la 22esima settimana, è vietato.

Nove dei ventidue su citati stanno attivamente prendendo in considerazione una messa al bando totale come quella del Sud Dakota. E non dimentichiamo gli attentati ai medici e alle cliniche…Solo il 50% degli americani è favorevole ad una legislazione che consenta l’aborto solo in caso si estremo pericolo di vita per la madre o di stupro.

Il diritto delle donne all’autodeterminazione non vale proprio niente.

Una ulteriore riflessione, secondo noi, rende ancor più preoccupante il quadro che stiamo esaminando: si è implicitamente affermato, per legge, un principio contrario a quello che fino ad allora aveva sostenuto, negli Stati Uniti, il diritto di scelta, ossia la tutela della salute delle donna senza condizioni. Infatti con la riforma, che ha come nodo centrale il tentativo di garantire la “salute” ai cittadini e alle cittadine americani, si veicola il messaggio secondo il quale scegliere se avere o no un figlio non attiene alla sfera dei diritti in generale, garantiti ed esigibili, né a quella della salute, non ha la donna al centro del discorso, ma è un “di più” tollerato a fatica e circoscritto alla sfera del privatissimo portafoglio di chi ne è coinvolto, nel pieno rispetto delle leggi di mercato.
Moralmente un crimine, economicamente un affare lucroso: i servizi accessori si pagano a parte, e paga, appunto, chi ha i soldi.

Niente di diverso da quello che avveniva in Italia prima dell’approvazione della legge 194, niente di diverso da quello che si vorrebbe per il futuro, accelerando tendenze già oggi evidenti: aborto non più gratuito, almeno formalmente lo è ancora!, non più garantito dalla sanità pubblica, non più ascrivibile alla sfera dei diritti, non più scelta liberamente praticabile da tutte, se scelta, ma un evento di cui vergognarsi, ostacolato il più possibile, punitivo nei modi e nei tempi, limitato e ridotto per quanto riguarda risorse, competenze, professionalità e strutture.

Cucchiai e prezzemolo non sono scomparsi, come pure i ginecologi obiettori in ospedale e abortisti a pagamento in studio: le donne, soprattutto le più deboli e ricattabili, le migranti, di aborto clandestino continuano a rischiare, se non a morire…è necessario, pensiamo, continuare a denunciare, a discutere, continuare a seguire quanto accade, per imporre con la voce delle donne che le donne non accettano di essere ridotte a servizio a parte e che non vi è elezione, appalto o ricatto che non possano s/travolgere.

Posted in anticlericale, antifa, antifemminismo, autodeterminazione, corpi, pensatoio.