Seconda parte dell’approfondimento sull’aborto clandestino iniziato nella puntata precedente. L’attenzione si è concentrata soprattutto su Torino e sulle mobilitazioni che si sono date nella nostra città rispetto alla questione dell’aborto, della violenza sessuale, degli anticoncezionali e non solo.Il Coordinamento dei consultori autogestiti e dei collettivi femministi è stato sicuramente tra i protagonisti principali della lotta e ha tenuto insieme una rete molto capillare sui territori, in particolare nei quartieri operai e popolari. Attivo dal 1974 al 1978, successivamente il coordinamento ha dato al vita al Movimento per la salute della Donna e si è fuso con la cosiddetta “Intercategoriale Donne”, composta dalle attiviste e/o delegate di Cgil-Cisl-Uil, organizzando corsi per le 150 ore.
Molto attive anche le donne dei gruppi del movimento e della sinistra extraparlamentare, da Lotta Continua ad Autonomia Operaia, gruppi che non avevano però colto la portata rivoluzionaria della parola d’ordine dell’autogestione nel dibattito intorno alla legge sull’aborto, limitandosi a sostenerla e non cogliendone i limiti rispetto alle aspirazioni di autodeterminazione delle donne. La rivendicazione di libertà di scelta e di critica nel partito/gruppo, d’altronde, era un tutt’uno con quella che le femministe come movimento collettivo portavano avanti nella lotta sia contro lo stato e le istituzioni che volevano arrogarsi il diritto di scegliere per conto delle donne, sia contro le condizioni in cui veniva praticato l’aborto clandestino.
Per loro, la battaglia per la libera interruzione di gravidanza era una parte, molto importante, ma solo una parte, della rivendicazione di essere soggetto sociale e politico in quanto donne e dell’autogestione dei propri corpi. Ma per essere soggetti in questa società non si poteva scollegare queste rivendicazioni dalla lotta contro quel modello di società , attraverso spazi e strumenti politici “pubblici” collettivi delle donne stesse.
Caricata di contenuti, valori ed obiettivi che per certi versi trascendevano la specificità del suo oggetto, la battaglia sulla legge sull’aborto, per il diritto di “proprietà” delle donne sulla propria vita e contro quello patriarcale sui figli e sulla moglie, diventava la battaglia contro tutti i partiti parlamentari, esclusi per certi versi Democrazia Proletaria e forse il Partito Radicale. I progetti di legge erano otto: comunista, socialista, radicale, repubblicano, liberale, socialdemocratico, della sinistra indipendente ed infine quello firmato da DP, ma formulato da alcuni collettivi femministi e sostenuto anche dalle redattrici di Lotta Continua.
Sul banco degli accusati, quindi, anche il PCI. Se il movimento femminista e la nuova sinistra puntavano quasi esclusivamente alla depenalizzazione dell’aborto e alla legalizzazione degli anticoncezionali, quella che diventò poi la legge 194/78 sull’interruzione di gravidanza era figlia del compromesso storico DC-PCI, fortemente voluto da Berlinguer, preoccupato, come in occasione della legge sul divorzio, di non andare allo scontro col partito cattolico.
Compromesso storico che lavorò anche per introdurre l’obiezione di coscienza e ad eliminare il “pericolo” dei consultori autogestiti con il pretesto che essi non avrebbero dato alcuna “garanzia” sul terreno sanitario. Nei discorsi di Berlinguer non c’è traccia della parola aborto, si parla soltanto di maggior protagonismo della giovane madre…per il PCI le masse non sono ancora mature per affrontare simili questioni…Meglio stare in attesa e costruire un terreno d‘intesa con la Dc su altri temi, in modo da favorire l‘accordo anche sull‘aborto ma solo quando sarà il momento. Un attendismo e un’ambiguità che traspare chiaramente nelle posizioni di tutta la sinistra.
Concluso l’approfondimento, abbiamo intervistato Federica Ruggiero, l’autrice del libro che presenteremo venerdì 23 maggio in radio, intitolato “Modificazioni genitali femminili: una questione postcoloniale, il nostro sguardo sulla nostra alterità”. Testo che riflette su alcuni concetti chiave che coinvolgono tutte le donne: integrità del corpo, autodeterminazione, salute, controllo della sessualità e del piacere femminile. Le MGF, e soprattutto le ragioni che le sottendono, ci riguardano direttamente come donne più di quanto immaginiamo. Da donne occidentali ci illudiamo di essere libere ed emancipate, arrogandoci il diritto di relazionarci a donne di altre culture come sorelle maggiori, dimenticando di appartenere invece ad un mondo che, come gli altri, controlla i nostri corpi e ci discrimina come donne.
Per riascoltare la puntata, qui la prima parte
il colpo della strega_19maggio2014_primaparte
e qui la seconda