Puntata dedicata all’autodeterminazione del corpo delle donne ai tempi della società dello spettacolo. Abbiamo discusso di libertà, autodeterminazione, del concetto di sovranità sui nostri corpi, di dispositivi di controllo, di endosorveglianza e di nuovi processi di soggettivazione tesi a creare corpi e soggetti liberi ma docili. Siamo partite dal caso scoppiato sul web dopo la pubblicazione a fini elettorali della sua foto “di culo” da parte di Paola Bacchiddu, responsabile della comunicazione della Lista Tsipras, per arrivare a confrontarci su alcuni concetti chiave per il femminismo (e non solo!). Dopo la pubblicazione della foto si sono levate molte voci discordanti e dubbiose, tuttavia per dimostrare solidarietà alla candidata, c’è stata/o anche chi ha lanciato e condiviso sui propri blog la campagna “Ce lo chiede l’Europa”. Tra i vari interventi abbiamo segnalato quelli di Ida Dominijanni, che potete leggere qui e qui e quanto ha scritto Cristina Morini, intervenuta (anche ai nostri microfoni) con l’articolo “Libera sarai tu?”, mossa dal desiderio di decostruire la falsa dicotomia tra femminismo moralista e femminismo libertario – che se certamente esiste va individuato altrove – e di esplicitare come oggi la libertà e l’autodeterminazione siano elementi anch’essi necessari e funzionali alla realizzazione ri/produttiva. L’arte di governare non consiste nel trasformare un soggetto in puro oggetto passivo ma “nel portarlo a fare ciò che accetta di voler essere e fare” (Pierre Dardot, Christian Laval, 2013). Chi plaude al gesto della Bacchiddu come gesto politico teso a ridefinire e difendere la libertà individuale femminile, di fatto associa il mito femminista dell’assoluta proprietà del corpo alla precettistica neoliberale dell’autoimprenditorialità e dell’autosfruttamento del proprio capitale umano, corporeo e sessuale…con il rischio – ovvio – della completa sussunzione della libertà femminile nella libertà di mercato. ”Il corpo è mio e lo gestisco io”, slogan inventato quarant’anni fa per esprimere la volontà di riappropriarsi del corpo femminile sequestrato dal patriarcato, può servire oggi a legittimarne spensieratamente la prostituzione nel post-patriarcato?
Il capitalismo da almeno vent’anni ha cominciato a socializzarsi, in risposta alla sfida del socialismo rivoluzionario e a dotarsi di un suo sistema di divertimenti e di organizzazione del tempo libero, attraverso il consumo, poichè il controllo attraverso lo sfruttamento del lavoro non bastava più. Bisognava che sorgesse un nuovo complesso di dispositivi di potere/sapere, tale da implicare nuovi processi di soggettivazione: dispositivi che mirano alla creazione di soggettività e dunque anche di corpi liberi ma docili (Foucault). Un certo grado di libertà e di rappresentazione della stessa è necessaria perchè l’endosorveglianza funzioni a pieno regime, ed è necessaria soprattutto per consentire la riproduzione del consumo. Libertà depotenziata, spettacolarizzata, estetizzata, simulacro di libertà funzionale al pieno controllo. L’idea di libertà e di autodeterminazione sono completamente deformate e neutralizzate. E’ una caricatura della libertà in cui la donna è lasciata la sovranità piena della propria immagine perchè non ne ha altra. ma questa sedicente sovranità assoluta sul proprio corpo come se fosse un bene di consumo, una proprietà autonoma rispetto a sè, è libertà? Significa una qualche forma di potenza?
Poter fare del proprio corpo ciò che si vuole, e dunque prestarlo a una campagna elettorale o alla vendita di merce, è la libertà del piccolo proprietario, di comprare e di vendere, la libertà mercantile. Una libertà che ci riporta alla mente una forma di impotenza di altre epoche, come quella rappresentata dall’anoressia delle sante medievali, quando la santa che, in quanto donna spesso non sceglieva il monastero ed era comunque destinata ad un ruolo subordinato a quello del clero maschile, opponeva alla mediazione patriarcale del clero la propria comunicazione diretta con Dio e per la quale la negazione del bisogno del nutrimento materiale, l’anoressia, rappresentava l’indipendenza da un mondo nel quale – in quanto donna – era ridotta e confinata all’impotenza. (Holy Anorexia, Rudolph M. Bell).
Per la rubrica “Storie di donne”, la storia di Assata Shakur e del suo arresto, avvenuto il 2 maggio 1973. Da tempo infatti Assata è ricercata dal Fbi e dalle polizie di ogni parte degli Usa, nel quadro della campagna tesa a criminalizzare, discreditare e distruggere il movimento di liberazione Nero. Il percorso politico di Assata è quello tipico di ogni rivoluzionaria/o nera/o che, dalle prime esperienze nel movimento afroamericano degli anni ’60, ha finito pre gravitare e poi militare nel Black Panther Party, l’organizzazione rivoluzionaria che, dal 1966 al 1971, ha agito come potente catalizzatore della protesta, della resistenza e della lotta nera più cosciente. La pratica del Black Panther Party diventa il punto più avanzato di un forte movimento di massa contro la guerra, contro il razzismo, contro lo sfruttamento capitalistico. Il Black Panther diventa subito, al suo primo apparire, la minaccia numero uno alla tranquillità interna degli Stati Uniti e viene individuato come nemico interno contro cui governo, polizia, Fbi, Cia conducono una guerra senza quartiere, scatenando una repressione e una persecuzione senza precedenti.
Per la rubrica “Donne in arte”…occhi di ghiaccio e calzamaglia nera, chignon biondo e carattere d’acciaio … insieme dal 1962, ma quanti ricordano che Diabolik ed Eva Kant nascono dalla fantasia di due sorelle della borghesia milanese del boom economico? con il contributo di una nostra ascoltatrice, vi proponiamo una breve presentazione di Angela e Luciana Giussani, le creatrici del nero tascabile più famoso degli ultimi 50 anni e più!
Per riascoltare la puntata, qui la prima parte
il colpo della strega_26maggio2014_primaparte
e qui la seconda