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Il caso Jennie McCormack. Dove vai, puritana America?

di Amanda Marcotte, tratto da womeninthecity.it

Jennie McCormack, un donna residente nell’ Idaho, madre di tre figli, ha trascorso gli ultimi mesi della sua vita in una situazione giuridica e sociale che richiama alla mente Hester Pyrnne, l’eroina de La lettera scarlatta.
Come riportato da Nancy Hass su Newsweek, le sciagure di McCormack sono iniziate quando la donna  ha saputo di essere incinta di un uomo che stava scontando una pena per rapina. Rendendosi conto che non poteva permettersi di allevare un altro figlio, né di pagare la tassa di 500 dollari e due viaggi per poter abortire (l’Idaho chiede alla donne di aspettare almeno “24 ore” dopo la prima visita al medico), McCormack ha comprato online la pillola RU-486.
Gli inquirenti che poi l’hanno fatta arrestare e processare per aborto illegale sostengono che il farmaco sia stato assunto oltre il limite legale di 20 settimane permesso dalla legge dello stato. Visto che il periodo esatto di gestazione non può essere definito, il tribunale ha sospeso la sentenza ma i  pubblici ministeri si sono riservati il diritto di continuare il processo. Nel frattempo, lei è diventata una sorta di paria nella sua comunità, è stata licenziata, e ha dovuto affrontare anche gli assistenti sociali che le hanno negato l’aiuto per curare i figli.
Anche nell’iper liberale New York è in corso un processo per auto-aborto oltre il limite legale. La donna accusata aveva gettato il feto di sei mesi in un cestino, disperata, probabilmente perché non sapeva cosa fare, e non conosceva altre opzioni al proposito.

Negli Stati uniti l’aborto è un diritto legale, ma come dimostrano i casi appena descritti sostanzialmente non lo è. Se l’aborto fosse un diritto sostanziale, e non puramente tecnico, queste donne non avrebbero dovuto affrontare momenti così difficili per abortire legalmente facendo ricorso a misure drastiche.
Invece, i casi di Jennie McCormak e della donna newyorkese dimostrano che chi decide di usufruire del diritto sancito dalla legge trova dinnanzi a sè solo ostacoli. Assicurarsi che le donne che vogliono abortire possano farlo è un aiuto per tutti: per le donne stesse, e per noi che staremmo certamente meglio di fronte alla certezza di un diritto.

La lunga marcia indietro dell’aborto da diritto sostanziale a diritto tecnico è iniziata nel 1976, dopo l’approvazione da parte del Congresso dell’emendamento Hyde che vietava l’utilizzo di fondi federali per pagarne le spese. Nel momento in cui è stato sancito che bisognava essere in grado di pagarlo, l’aborto ha smesso di essere un diritto ed è diventato una merce, fuori dalla portata delle donne che ne hanno più bisogno.
Da allora, gli attivisti anti-choise hanno continuato ad attaccarne la possibilità di accesso, con ogni mezzo, andando in giro dappertutto, spendendo tempo e denaro, chiedendo sempre maggiori  restrizioni legali per evitare che le compagnie di assicurazione coprissero le spese mediche dell’aborto, con la conseguenza che l’accesso si è ristretto ed il numero delle donne che non possono permetterselo è aumentato.
Nell’immaginario degli attivisti anti-choise, le uniche persone disposte a pagare queste spese sono le donne che vogliono abortire, quelle che – per citare una delle loro frasi preferite – “meritano di soffrire per non aver tenuto le gambe chiuse.”.

Nella realtà, l’impossibilità delle donne di accedere ad un aborto sicuro ad un costo accessibile è un dolore per tutta la società, e non solo per chi casualmente trova il feto abbandonato in un cestino da un donna semplicemente priva di tutto.
Chi vuole abortire e non se lo può permettere spesso finisce per avere il bambino; nel breve termine questo significa maggiori costi per Medicaid ed altri programmi di benessere sociale, nel lungo periodo significa costi per tutta la società: avere figli quando non si è pronte ad averli incide sull’occupazione femminile e le opportunità di educazione, priva la società del loro apporto e talento, le donne sono limitate nella capacità di prendersi cura dei bambini come vorrebbero e tutto questo costituisce un onere per tutti.
Criminalizzare chi abortisce peggiora la situazione in modo esponenziale, come dimostra il caso di Jennie McCormack.
Sinora il suo impatto con il sistema legale è stato devastante per l’intera famiglia, lei è stata licenziata e non può garantire nulla ai suoi tre figli piccoli, non può prendersene cura. L’ Idaho grida vittoria della legge e spedisce Jennie in prigione, lasciando i bambini senza genitori. Una tragedia che poteva essere evitata.

Se non fossero stati l’emendamento Hyde e se Medicaid avesse pagato l’aborto, se non ci fossero tutto quel branco di inutili restrizioni legali, McCormack avrebbe potuto interrompere la gravidanza tempestivamente, rimanendo libera di lavorare e prendersi cura dei suoi figli. Invece, è stata costretta ad abbandonarli, e tutto questo perché non ha potuto accedere ad un aborto che sarebbe suo diritto legale ottenere.
Le donne che abortiscono non sono creature aliene il cui benessere puo’ essere sacrificato senza scrupoli da parte di politici desiderosi di guadagnare punti nella guerra culturale. Sono madri, mogli, studentesse, lavoratrici, volontarie. Privarle di un diritto, ostracizzarle, gettarle in galera rende più debole tutta la società.
I Jennie McCormack del mondo cercano di vivere le proprie responsabilità. Imponendo restrizioni all’aborto si ottiene solo di renderglielo impossibile.

Titolo originale dell’articolo “Woman Jailed, Ostracized After Resorting to Self-Administered Abortion: What Is This, Puritan America?”, traduzione di Claudia Nocera.

Posted in aborto, anticlericale, autodeterminazione, contraccezione, corpi, storie di donne.


2 Responses

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  1. terray says

    In effetti la riforma di Obama ha previsto la copertura alle assicurazioni per le spese sanitarie… ma non il rimborso per l’aborto!
    Addirittura, ora, i candidati alle presidenziali vorrebbero vietare l’aborto anche in caso di strupro e incesto, e dichiarare criminali tutti i medici che lo praticano: il bello è che si contesta l’integralismo islamico, ma i movimenti per la vita cosa sono?
    http://www.repubblica.it/esteri/elezioni-usa/2012/01/01/news/temi_campagna-27470867/

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