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La violenza fisica e la violenza delle leggi

Riceviamo dalla Casa delle donne Lucha Y Siesta di Roma.

In via Saredo a Roma, non lontano dalla nostra casa – la casa occupata delle donne Lucha Y Siesta – nei giorni scorsi è avvenuta l’ennesima raccapricciante violenza nei confronti di una donna.
L’uomo aggressore, dopo il massacro, si è addormentato sul corpo martoriato della donna in stato di incoscienza e così è stato trovato dalle forze dell’ordine. A differenza di altri simili episodi, che purtroppo fanno parte della vita quotidiana di molte donne, di questo terribile caso hanno parlato moltissimi giornali. La notizia dell’efferata violenza ovviamente viene così largamente diffusa perché inizialmente il teorema è quello classico che ci raccontano da qualche anno: lo sconosciuto aggressore romeno e la donna aggredita descritta come  una “disabile con problemi di alcol”. Solo leggendo tra le righe si capisce che forse la storia dell’orco cattivo non è del tutto vera, probabilmente i due si conoscevano, avevano una relazione, e la terribile  aggressione è nata da una crisi di gelosia. Non sappiamo quale sia la verità, e forse non la sapremo mai perché il sipario su queste storie cala presto. Ancora non sappiamo come procedono le indagini ed eventuali processi su altre terribili vicende come quella dello stupro in caserma al Quadraro.

Forse anche di questo non sapremo più nulla.
Tuttavia sappiamo bene che le aggressioni contro le donne vengono usate per gettare benzina sul fuoco del razzismo e che nulla viene fatto invece per prevenire e impedire, nella realtà e non nella facile propaganda, che avvengano. Nulla si fa sul fronte dell’educazione, della prevenzione e ancor di più è urgente intraprendere una grande battaglia culturale per sradicare ogni substrato possibile alla violenza sulle donne.
Perché la realtà è che la violenza contro le donne non ha nazionalità, avviene per lo più in famiglia ad opera di partner, ex, padri, fratelli e parenti vari. E su questo troppo poco si fa, perché di famiglia non si può mai parlare nella nostra società. Si finanziano “campagne per la sicurezza” che non ci rendono affatto sicure, mentre nessuno assicura rapide ed efficaci vie di uscita dalle situazioni di
violenza domestica dove spesso restano incastrate e dalle quali difficoltà economiche e ricatti impediscono di uscire.

Dall’omicidio Reggiani nel 2008, con cui Alemanno ha vinto le elezioni a Roma, molte cose sono accadute, innanzitutto una campagna (elettorale) costante esercitata  dalla politica e dai media mainstream che prova a spostare il tema della violenza sulle donne nell’ambito del razzismo contro le popolazioni migranti quando tutti i dati confermano che la violenza maschile è trasversale alle categorie sociali e operata per l’80% nelle mura domestiche. In secondo luogo si mira alla criminalizzazione delle donne stesse attraverso braccialetti rosa, apparecchi satellitari, dispositivi di controllo, vademecum svilenti per la nostra dignità e libertà. Ma soprattutto ciò che è accaduto è che la società del controllo e del saccheggio sociale ha costruito una umanità abbrutita e impaurita, che scarica sulle donne tutto il peso sociale della crisi sia attraverso la violenza fisica (gli abusi, i maltrattamenti, l’utilizzo strumentale del corpo femminile) ma anche e soprattutto con quella violenza delle leggi che cancellano welfare (le cui conseguenze più pesanti ricadono sulle donne), bloccano l’accesso al lavoro, favoriscono le “dimissioni facili”, aumentano l’età pensionabile, cercano di cancellare diritti bloccando con eserciti di obiettori l’applicazione della L.194.
Vogliamo case, servizi medici, asili nido, scuole a tempo pieno, reddito, diritti e libertà di scelta!

Posted in corpi, pensatoio, personale/politico, precarietà, resistenze, sessismo, storie di donne, violenza di genere.