Di Elisabetta
Ogni anno, l’11 settembre, ricorre l’anniversario del colpo di Stato in Cile. Tre riflessioni mi vengono subito in mente.
La prima riguarda il silenzio che lo circonda, accompagnato dalla rimozione nell’immaginario collettivo. La seconda fa riferimento al fatto che il colpo di Stato è stato eseguito materialmente dai militari cileni, ma organizzato e su commissione degli Stati Uniti.
Tacendo su questo aspetto importante, si accredita la vulgata corrente secondo cui il fascismo è altro rispetto alla società capitalista, mentre ne è una variante, scelta quando il sistema ritiene più opportuno utilizzarla e, dimenticando che la regia è sempre la stessa, siamo criticamente disarmate quando colpi di Stato e guerre umanitarie avvengono ai nostri giorni.
La terza riflessione che, per certi versi, ci interessa più da vicino, riguarda il fatto che si vuole far passare il colpo di Stato in Cile come il frutto di ambienti reazionari e oscurantisti.
Non è così. La dittatura militare in Cile è stata il debutto del neoliberismo.
Tutte le elaborazioni del neoliberismo, che fino ad allora erano solo teoria,sono state applicate al Cile e in Cile. Fra queste, la privatizzazione della scuola e dell’università.
Ora, in quel paese, è nata una grande mobilitazione perchè si riconosca che la scuola è un bene comune e deve rientrare nell’alveo dei compiti dello Stato, che l’istruzione è una risorsa per il paese e che lo Stato deve farsi carico dei costi.
Il governo in carica, di centro-destra, così come quello precedente di centro-sinistra, dichiara, in sintonia con il verbo neoliberista, che “l’istruzione è merce”.
Le manifestazioni sono ricorrenti e di massa, con milioni di cittadini in piazza, nel silenzio più totale dei media che omettono di dire che le stesse sono represse violentemente e che uno studente di 14 anni è stato ucciso a colpi di pistola dalla polizia. Un morto di serie B. Di lui non ci mandano in continuazione nè il nome, nè la foto.
Allo stato attuale, in Cile, mandare un figlio/a a scuola è un onere così pesante per una famiglia che quelle/i che se lo possono permettere devono contrarre mutui che gravano,mediamente, dieci anni sul bilancio familiare.
E chi, per sua sfortuna, non ce la fa a restituire il debito, viene inserito in un’apposita lista di “appestati” a cui non sarà dato accesso al credito mai più.
Questo è il neoliberismo.
E i governi di centro sinistra, a guida socialista, che si sono succeduti nel paese, hanno lasciato tutto il mondo dell’istruzione invariato così come lo hanno ereditato dalla dittatura.
Il movimento degli studenti si è fatto carico della necessità di un cambiamento profondo, coagulando intorno a sè, non solo i genitori, ma anche settori importanti della società, desiderosi di una rottura effettiva con l’eredità della dittatura e di un cambiamento profondo che investa anche il mondo del lavoro, che preveda la nazionalizzazione delle miniere di rame, che riguardi i rapporti tra cittadine/i e istituzioni, in definitiva una svolta a tutto campo.
Camila Vallejo, come portavoce della FECH, Federazione degli Studenti Cileni, si è trovata alla ribalta.
I media locali, a partire da El Mercurio, il giornale più diffuso in Cile, che si autodefinisce di stile anglosassone (e in questo ha ragione) , lo stesso che quando il corpo martoriato di Lumi Videla, dirigente del MIR, fu gettato nel giardino dell’ambasciata italiana, scrisse che era morta a seguito di un’orgia, mentre sapeva benissimo quello che gridavano anche i muri, che era stata uccisa in seguito all’ennesima tortura di genere, i media locali, dicevamo, hanno cominciato una campagna di denigrazione nei suoi confronti dove le hanno anche rimproverato di essere bella.
E’ sempre la solita storia. Nei confronti delle donne si usano sempre argomenti sessisti.
Cambiano i pretesti,ma l’obiettivo è sempre quello di screditare le donne e non riconoscerne mai le capacità, l’autonomia e l’indipendenza di giudizio.
Tutto questo accompagnato da un clima di intolleranza nei confronti di Camila, in cui si arriva a minacciare addirittura la sua integrità fisica e la sua vita.
La stessa cosa che sta succedendo in India ad Arundhati Roy.
La direttora di un dipartimento del Ministero Cileno dell’Istruzione ha detto, a proposito di Camila Vallejo, parafrasando quello che Pinochet disse di Allende,” la cagna va uccisa prima che faccia una figliata”, a conferma che è completamente infondato fare delle donne tutto un fascio e declinare il mondo delle donne al femminile.
Camila Vallejo si è dichiarata comunista.
Spero che a nessuna venga in mente di fare distinguo di parte e/o di convenienza, come, purtroppo, è successo in altre occasioni, con tanta miseria morale ed effetti pratici devastanti.
“Bisogna dire basta a questa falsa democrazia che calpesta i nostri diritti. Vogliamo portare avanti un nuovo progetto di sviluppo per i nostri figli.”
Camila Vallejo