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Diario di MeDeA da Caracas

 

 

 

 

 

6/03* Anche oggi abbiamo partecipato ai tavoli di discussione che vi abbiamo descritto nell’ultimo report. Nel tavolo relativo all’ambiente sono stati sviluppati i temi rimasti in sospeso nella giornata di ieri, come i metodi di produzione contaminanti, la salvaguardia delle risorse naturali e il ruolo della donna all’interno delle lotte in difesa dei territori. Si sono susseguiti una serie di interessanti interventi, che hanno ribadito la difesa dell’ambiente dagli interessi capitalisti delle multinazionali e le dirette conseguenze che si riflettono sulle popolazioni. Dopo aver raccontato e spiegato la nascita e l’evoluzione del movimento No Tav, grande attenzione e curiosità sono state dimostrate nel momento in cui abbiamo condiviso un punto di vista e una riflessione sulla figura delle donne all’interno della lotta No Tav.

Per quanto riguarda invece il tavolo di discussione sulla sessualità e aborto, come Medea, insieme ad altre compagne della delegazione italiana, abbiamo fatto degli interventi sulla situazione in Italia rispetto a questo tema: l’ingerenza del Vaticano, l’attuazione della legge 194, l’attacco che questa legge sta subendo negli ultimi anni, in ultimo anche rispetto alla Delibera Ferrero della Regione Piemonte che prevede l’ingresso del Movimento per la vita nei consultori pubblici. Molte delle donne presenti, soprattutto argentine ed ecuadoregne hanno dimostrato solidarietà e si sono trovate concordi nel riconoscere il Vaticano e la Chiesa tutta come un problema reale di attacco all’autodeterminazione delle donne.

Le proposte emerse che verranno riportate nella giornata di conclusione di domani sono: l’attuazione di una legge sull’aborto in Sudamerica e che tuteli la donna soprattutto in caso di abusi sessuali; l’educazione sessuale nelle scuole a partire dai 12 anni; diritto ai contraccettivi gratis; e in ultima, ma non per ordine di importanza, una dichiarazione di solidarietà a Romina Tejerina, una donna argentina condannata a 14 anni di carcere per aver ucciso, subendo un trauma che non la abbandonerà mai, un figlio nato prematuro a seguito di una violenza sessuale. Ovviamente il suo stupratore è a piede libero.

Nei prossimi giorni approfondiremo con un’intervista e un comunicato già scritto dalle compagne argentine.

Un altro intervento molto interessante è stato fatto da una giovane compagna ecuadoregna che ci ha illustrato la situazione tragica che stanno vivendo nel suo Paese soprattutto gay e lesbiche. Esiste infatti un luogo chiamato “Centro di riabilitazione sessuale”, dove soprattutto i padri mandano i loro figli gay o le loro figlie lesbiche per “guarirli” dalla loro omosessualità. A breve tradurremo anche questa intervista e approfondiremo il relativo documento.

 

Nella mattinata di oggi abbiamo inoltre visitato il “Barrio 23 de enero”, intitolato alla data della caduta della dittatura, storico quartiere popolare di Caracas. Il nome precedente era invece stato dato da Perez Jimenez, mentre il popolo voleva legare il quartiere al cambiamento politico che si era dato. Ancora oggi il quartiere è animato da compagni e compagne che hanno liberato uno spazio al suo interno, la Coordinadora Simon Bolivar, che da subito è diventato luogo di socialità per tutti e tutte. Al suo interno è nata una radio libera autogestita e una libreria popolare. Il compagno che ci ha accompagnati ci ha spiegato che molti palazzi all’epoca sono stati occupati e che negli anni tutte le ribellioni popolari sono partite da “23 de enero”. L’aria che si respira camminando per le strade e le piccole via che dividono palazzoni e case costruite una sull’altra è molto bella, le persone che abbiamo incontrato lungo la strada erano molto disponibili e ci riconoscevano subito come compagne, ci tenevano molto a farci vedere i murales e gli striscioni appesi che dimostravano il forte legame tra il Venezuela e tutti gli altri popoli in lotta, dalla Palestina ai Paesi Baschi. Molti altri murales  erano dedicati a Che Guevara e Chavez come d’altronde in molte altre strade di Caracas. Ritornando verso la stazione della metro abbiamo incrociato un’ iniziativa fatta da un gruppo di ragazzi del quartiere che fanno parte di un’associazione che lavora nel barrio e porta il nome di un compagno ucciso durante le lotte contro la dittatura. Una compagna ci ha spiegato l’importanza che ha un’azione diretta dentro il quartiere soprattutto in una città piena di contraddizioni come Caracas; un lavoro svolta da giovani per i giovani per rendere viva e attiva la vita di quartiere. Con lei abbiamo continuato a camminare per le strade del Barrio incrociando alcune costruzioni ottagonali che hanno attirato la nostra attenzione, lei ci ha spiegato che sono cliniche popolari dove è possibile riceve cure e farmaci gratuitamente.

 

Durante la pausa pranzo, abbiamo inoltre intervistato una compagna della Colombia che ci ha spiegato la condizione della donna e l’organizzazione della lotta per i diritti delle donne nel suo paese, così come due compagne della delegazione del Medio Oriente ci hanno illustrato la situazione Turca e le sue peculiarità relative al movimento delle donne che risulta essere unitario rispetto ad altri Paesi.

La giornata si è conclusa nella prima serata, come di consueto, dove tra i banchetti allestiti dalle varie delegazioni e non, c’era chi continuava ad approfondire le tematiche e chi si scambiava i saluti, pronte per affrontare un nuovo giorno.

Un saludo solidario y revolucionario!

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