Skip to content


Dal concepimento alla morte naturale

Il Libro Bianco di Sacconi (prima parte)

MeDeA ha voluto dedicare una serie di incontri alla lettura e all’analisi collettiva del Libro Bianco di Sacconi, in uno scambio di idee e ragionamenti sui quali stiamo naturalmente ancora lavorando.

Gli spunti sono davvero molti e quanto proponiamo qui rappresenta un primo passaggio di un percorso di riflessione e approfondimento e certamente non un punto finale o conclusivo.

Il Libro Bianco di Sacconi propone un modello sociale assolutamente inedito per l’Italia, connotandosi per la riscrittura non solo delle regole ma soprattutto dei diversi e  sostanziali aspetti che informano le nostre vite: il lavoro, la famiglia, le relazioni tra generazione, la maternità, l’istruzione e la formazione, la società e lo Stato.

Abbiamo tentano di mantenere sempre duplice il livello di riflessione e indagine, partendo dalle linee generali per esaminare casi o brani specifici del Libro, in particolare, com’è prevedibile, quei punti in cui il discorso si fa più attinente alle donne, al loro ruolo e al loro “destino”: servizi, lavoro femminile e lavoro di cura ne sono i nodi cardine.

Alcuni elementi ci sembra che  attraversino, nella sostanza, l’intero testo:

  • La costruzione dei diversi capitoli partendo da assunti di principio posti come dati certi e insindacabili. Portiamo come esempio un passaggio che ha colpito subito la nostra attenzione, quello dedicato alla maternità, in cui essa viene presentata come aspetto fondamentale della società attiva: se la società attiva, secondo Sacconi, è la società dinamica, la società delle opportunità e dell’azione all’interno di un sistema più giusto e vitale, si deve supporre che chi non fa figli sia, passivamente, tagliato fuori da questo modello ideale… la non maternità assume quindi una connotazione negativa e spesso vi è una strisciante colpevolizzazione nei confronti del non far figli.
  • Le continue antinomie. Interne, in cui il testo contraddice se stesso, e un primo esempio è l’insistente richiamo alla gioventù; essere giovani per fare tanti figli in tempo biologicamente utile, per lavorare prima possibile, per formarsi in modo continuativo e duraturo, che è però in contraddizione con tutto il discorso sulla terza e quarta età, vera ossessione di Sacconi, per le quali si prevede di continuare a vivere e a lavorare fino alla tomba! E un secondo esempio forse più clamoroso è il continuo ricorrere del concetto di novità quando poi si rappresentano modelli obsoleti, primo fra tutti quello di famiglia, basata sul matrimonio tra un uomo e una donna, di buon reddito, visto che deve potersi permettere i servizi privati sussidiari al pubblico smantellato, italiana, quindi occidentale, in cui i ruoli sono rigidamente intesi (l’uomo lavora, la donna lavora a tempo parziale fuori e per il resto del tempo svolge in casa il lavoro di cura); e sulla procreazione di almeno un figlio,  laddove basta l’osservazione quotidiana della realtà in cui viviamo per rendersi conto che non è più così (a parte la mitizzazione della famiglia come luogo dello scambio del dono d’amore…). Antinomie esterne. Si pensi alla riforma Gelmini, che tagliando tempo pieno, sostegno, laboratori, accesso all’istruzione, progetti di educativa territoriale, va esattamente nella direzione opposta rispetto a quanto Sacconi definisce una priorità, vale a dire la prevenzione del disagio sociale dei ragazzi. Un altro esempio di contraddizione, da noi definita esterna, riguarda la realtà, quella che conosciamo tutte bene, vale a dire del mercato del lavoro: proviamo a dichiarare in sede di colloquio di assunzione di avere un figlio piccolo o un genitore anziano da accudire e stiamo a vedere che ne è della conciliazione dei tempi della cura con quelli del lavoro auspicata nel Libro Bianco!
  • Il  linguaggio, che davvero è interessante sia per le omissioni, e in questo senso è emblematico, e di nostro interesse precipuo, il capitolo dedicato alla maternità, in cui ci si guarda bene dal legare il termine servizi all’aggettivo “pubblici”; sia per l’appropriazione di termini che sono fortemente connotati e appartengono, se si vuol usare questo termine, a tutt’altro ambito di riferimento: differenza di genere è uno, valorizzazione del lavoro di cura un altro, e poi reti di relazione e l’elenco potrebbe continuare; sia per quanto riecheggia e richiama, nei vocaboli usati, altri testi, e norme, che vanno necessariamente lette in parallelo al Libro Bianco: il lavoro come missione, progetto, incarico, sembra richiamare le forme contrattuali precarie delle leggi Treu, Biagi e il Collegato Lavoro; il concetto di presa in carico e sussidiarietà pubblico/privato i provvedimenti in materia di sanità per esempio delle regioni Lombardia e Piemonte;  il desiderio di un figlio sano presentato come elemento negativo evoca il divieto della diagnosi pre impianto della legge 40 sulla fecondazione assistita (e anche alcuni documenti del Movimento per la Vita); l’accento costante sul volontariato, in tema di erogazione di servizi, ricorda la delibera Ferrero che consente l’ingresso degli attivisti del Movimento per la Vita nei consultori pubblici piemontesi.

Aggiungiamo, per concludere questa prima parte, i due elementi che riteniamo costituiscano l’anima del Libro Bianco:

  • Il dato, importantissimo sul piano simbolico, culturale, politico ed economico per cui per la prima volta in un documento politico di tale portata, che riscrive nella sua completezza un modello sociale “famiglia-lavoro-comunità-servizi” intende l’intero ciclo di vita dal concepimento alla morte naturale (e non più dalla culla alla tomba).
  • Il presentare come modello vincente l’alleanza tra pubblico e privato (anche attraverso il linguaggio, per cui al termine pubblico sono sempre associati aggettivi in veste negativa, come modello fallito, inefficace, assistenziale) nell’erogazione di servizi che riguardano la salute, l’istruzione, la cura, la previdenza. Viene introdotto il concetto di “sussidiarietà”  tra pubblico, privato e volontariato che devono lavorare in sinergia nel campo socio sanitario e assistenziale. Sinergia che è già stata espressa dal presidente della regione Roberto Cota con il Patto per la vita e per la famiglia stipulato in campagna elettorale proprio con i nuovi attori sociali di cui parla Sacconi. Una strategia concretizzata, lo ripetiamo, dall’assessore regionale Caterina Ferrero con la sua delibera, permettendo ai volontari del Movimento per la Vita di svolgere attività socio sanitarie in regime di indifferenza rispetto agli operatori dei consultori: è indifferente che sia un medico o un volontario a fare il primo colloquio con una donna che richieda l’interruzione volontaria di gravidanza.

A questo link alcuni contributi audio di approfondimento sul Libro Bianco di Sacconi registrati nel corso di un dibattito a cui abbiamo partecipato.

Su UniNomade la pubblicazione del contributo di MeDeA

Posted in autodeterminazione, LibroBiancoSacconi, precarietà.