E’ di mercoledì 28 dicembre la sentenza che ha riconosciuto colpevole l’Ispettore Capo del Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione) di Milano, Mauro Tavelli, condannandolo a 7 anni e 2 mesi di reclusione per molestie sessuali perpetrate ai danni di una trans brasiliana rinchiusa nel Cie.
Il poliziotto approfittava della reclusa del Centro di via Corelli, pretendendo rapporti orali con false promesse di libertà. Le squallide richieste non erano rivolte solo a lei, infatti durante le indagini anche altre transessuali hanno trovato il coraggio di denunciare i tentativi di violenza subiti da parte sua.
Questa storia è purtroppo simile a tante altre che si consumano dentro i Centri di Identificazione ed Esplusione per senza documenti, storie che il più delle volte restano sommerse tra le mura di questi lager e che solo raramente trovano voce anche fuori.
A tal proposito, come non ricordare la storia emblematica di Joy, giovane donna nigeriana che nell’agosto del 2009 ha denunciato con forza e determinazione il tentativo di violenza sessuale subito sempre all’interno del Cie di Milano da parte dell’allora Capo della Polizia Vittorio Addesso.
Ma la storia di Mauro Tavelli non si esaurisce con le violenze all’interno del Centro e per certi versi ci mostra ancor più esplicitamente cos’è un/una clandestino/a dentro la fortezza Europa. Bisogna aggiungere infatti che questo personaggio è tristemente noto anche per quello che faceva fuori dal Cie; aveva ben pensato di arrotondare lo stipendio che percepiva come guardiano di un lager, lavorando anche come ‘affittacamere’. E così affittava appartamenti a prezzi elevati e in nero a senza-documenti, per lo più, agli/le stessi/e migranti/e irregolari che prima o dopo avrebbe incontrato dentro il Cie.
Da questa storia di ordinari soprusi appare chiaro cos’è un/a senza-documenti agli occhi degli uomini dello Stato: un’eccedenza fastidiosa da gestire ed usare, un corpo da sfruttare in ogni modo e da cui pretendere qualsiasi cosa, come se fosse scontato e normale.