Qui di seguito la lettera aperta che abbiamo scritto e inviato alle cariche istituzionali della Regione Piemonte, all’ Ordine dei Medici, al Collegio delle ostetriche, all’ Ordine degli psicologi, ai giornali locali, dopo la nostr partecipazione ai corsi di formazione del Movimento per la vita.
OGGETTO: INGRESSO DEL MOVIMENTO PER LA VITA NEI CONSULTORI PUBBLICI
Siamo un gruppo di donne di età diverse, studentesse, insegnanti, educatrici, impiegate che da anni si occupa di politica di genere, a difesa di diritti conquistati dalle donne e per le donne negli anni delle lotte di quel movimento femminista di cui ci consideriamo “eredi”, sempre ponendo al centro il principio di autodeterminazione di sé e delle proprie scelte, soprattutto in tema di sessualità, maternità e aborto.
La delibera a firma dell’assessore Caterina Ferrero, presentata al solo scopo di agire ancora una volta sul corpo delle donne una pratica di scambio di favori pre e post elettorali consentendo l’ingresso nei consultori all’associazione cattolico- integralista “Movimento per la Vita”, contiene dei passaggi che abbiamo deciso di andare a indagare direttamente, in particolare per quanto riguarda la formazione che, secondo quanto dichiarato dal Presidente Cota, verrà erogata a spese della Regione, agli attivisti del Movimento e in generale del volontariato/privato sociale interessato.
Abbiamo seguito un percorso formativo dal titolo “Maternità oggi, quello che non si sapeva, quello che non si sa più”, organizzato dal Movimento per la Vita di Torino con la partecipazione di docenti universitari, del la direttrice della scuola di Specializzazione in Neuropsichiatria infantile dell’Università di Torino e di una consulente familiare che opera a Milano, e destinato ad un pubblico evidentemente senza competenza o preparazione o esperienza medica, psicologica o sanitaria ma ben inquadrato nei Centri di Aiuto alla Vita presenti sul territorio provinciale.
Chiediamo ai soggetti e agli organi interessati e destinatari della presente lettera, di voler prendere posizione e dare risposta ufficiale in merito a quanto segue e di cui rendiamo testimonianza diretta:
· l’intero iter formativo è stato punteggiato da espressioni fortemente lesive nei confronti del personale dei consultori e degli ospedali, più volte accusato dai relatori di estrema leggerezza e libertà nel “consigliare” l’interruzione volontaria di gravidanza,
· le donne che hanno scelto di interrompere una gravidanza sono state presentate o come malate da curare o come immature incapaci di assumersi responsabilità (“un figlio è sempre un dono di Dio”) o come creature disperate dalla vita irrimediabilmente distrutta,
· senza alcun rispetto per la privacy delle donne che hanno legittimamente deciso di rivolgersi, dopo l’aborto, alla consulente familiare che ha presieduto l’ultimo incontro, sono state lette le lettere scritte dalle pazienti ai “figli” non nati e facenti parte del loro personale e delicato percorso terapeutico, ma pretendiamo una spiegazione soprattutto in merito all’ultimo punto, tenendo conto che, secondo la delibera Ferrero, si tratterebbe della formazione di operatori che andranno ad affiancare l’equipe consultoriale o addirittura a svolgere attività di accoglienza delle donne in gravidanza presso le proprie sedi:
· pur senza esplicita ammissione, ma tenendo conto che, trattandosi di un corso di formazione l’uditorio si aspettava appunto di essere “formato” e quindi di acquisire strumenti utili alla propria attività, sono stati presentati i diversi passaggi di una terapia post aborto a dir poco choccante che non è ammissibile possa essere svolta da personale non in possesso di titoli e requisiti: utilizzare un ciuccio, una tutina o un peluche per concretizzare il figlio morto nella costruzione di una relazione che porti la “mamma” ad ammetterne l’omicidio…
E’ raccapricciante.
Intercettate prima, prese in carico durante, terrorizzate psicologicamente dopo: è questo il destino che attende le donne nei consultori?
Medici/e, psicologi/e e ginecologi/e, che sappiamo sensibili e attenti e competenti nella grande maggioranza dei casi, hanno intenzione di rendersi complici di questo abominio e di lavorare fianco a fianco di volontari la cui formazione è quella cui abbiamo assistito?
E’ in questo modo che si pensa di rispettare lo spirito della legge 194/1978 che tanto strumentalmente l’assessore Ferrero continua a citare?
E quanto Vi abbiamo raccontato è solo una parte, vorremmo parlarVI dei consultori considerati come luoghi in cui portare misericordia cristiana e in cui “salvare” i bambini…
Attendiamo una risposta, ufficiale, pubblica e netta.
Cordiali saluti,
le donne e le compagne di Me-DEA Torino