Verso il primo marzo…
Il volantino che distribuiremo in piazza…
Le donne sono in movimento come mai prima nella storia…
E’ in continuo aumento il numero delle donne migranti che, spinte ad emigrare da gravi problemi economici arrivano, in occidente dove trovano lavori poco qualificati, faticosi e umilianti. Subiscono, come migranti e come donne, una triplice oppressione, fatta di supersfruttamento, razzismo e sessismo. La prima e specifica difficoltà è quella dettata dalla ricattabilità del rinnovo del permesso di soggiorno, legata ad un rapporto di lavoro, che obbliga ad accettare qualsiasi lavoro. Un’altra difficoltà è riscontrata nel lungo, costoso e a volte infruttuoso percorso di riconoscimento del titolo di studio, una grossa limitazione che non facilita l’accesso delle donne ad ambiti lavorativi diversi e più qualificati.
Una lavoratrice migrante su due è impegnata nell’assistenza alla persona in famiglia o in istituti…
Le donne occidentali, spesso, affidano anziani, bambini e disabili alle cure di altre donne. Un nuovo e nascosto sistema di welfare, costruito sulle fatiche e le competenze delle donne migranti, che lavorano spesso sole, chiuse in casa ad accudire un anziano 24 ore su 24 in nero; un welfare familiare pagato direttamente dalle famiglie italiane senza che le istituzioni pubbliche se ne facciano carico. Si è formata una catena globale della cura che coinvolge milioni di donne che lasciano le loro case e i propri figli alle cure delle nonne, delle sorelle e delle cognate per andare a lavorare e sostenere altre case e altre famiglie.
Le donne migranti e la Delibera Ferrero…
Ovvero il nuovo protocollo della Regione Piemonte che permette l’ingresso nei consultori pubblici dei volontari del Movimento per la vita, associazione cattolica antiabortista. Immaginiamo quante difficoltà potrebbero incontrare le donne, in particolare le migranti, entrando in contatto con questi personaggi che cercheranno di convincerle a non abortire promettendo loro denaro, che in realtà sono 160 euro al mese per 18 mesi…Sarà difficile distinguere i volontari dal personale del consultorio, e non trattandosi di medici veri e propri non saranno tenuti al segreto professionale. I servizi pubblici vengono tagliati, smantellati e pericolosamente affidati al privato sociale, mentre la Regione decide di finanziare addirittura i corsi di formazione per i volontari del Mpv.
Il test di italiano…
L’ennesimo provvedimento ingiusto e razzista introdotto dal decreto Maroni, in collaborazione con la ministra Gelmini, che prevede l’introduzione dei Test di Italiano per ottenere il Permesso di Soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo.
Questa ennesima prova a cui si devono sottoporre i/le migranti va in totale opposizione con una reale integrazione. La volontà politica è chiara: i fondi per tali test vengono infatti stanziati dal Ministero dell’Interno (e non dal Ministero dell’Istruzione). Anziché potenziare il servizio pubblico fornendo un adeguata risposta alle numerose richieste da parte dei/delle migranti per un percorso formativo volto alla reale integrazione, si sprecano un sacco di soldi pubblici per pagare le commissioni esaminatrici. Il test che certifica una conoscenza dell’italiano (scritto e orale) pari al livello A2, la cui iscrizione avviene esclusivamente tramite internet (altra difficoltà per chi non ha possibilità e/o dimestichezza informatica) è un ulteriore aggravio alla richiesta di permesso di soggiorno a tempo indeterminato che già prevede un reddito certo, un alloggio e una serie di certificazioni laboriose e dispendiose che dovranno essere ripresentate nel caso in cui il/la migrante non passi il test e lo debba sostenere nuovamente. Il pericolo è poi che si incrementi un mercato parallelo e privato che speculerà sui corsi per poter ottenere la certificazione A2.
L’attacco è frontale, ma il passo successivo va ben oltre: la piena attuazione dell’Accordo di Integrazione del pacchetto sicurezza che formalizza il permesso di soggiorno ‘a punti’ per chi lo richiede per la prima volta.
Grande è la distanza tra i sogni e i bisogni e la realtà che aspetta le donne migranti.
Ancor più grande è il desiderio di essere visibili, protagoniste, di essere riconosciute come soggetti portatrici di diritti legittimi, di cultura e di valori.
Contro gli attacchi alle donne, migranti e non, l’unica via è una lotta comune fatta di sorellanza e solidarietà.
MeDeA Torino