…per me la Resistenza è stata quella fase felice di autentica liberazione in cui le persone, la maggioranza delle persone, erano diventate migliori, disinteressate, generose, erano capaci di gesti di altruismo e solidarietà…
Lisetta Giua Foa, partigiana
Questa è la storia di Gigliola Spinelli, partigiana della Val Pellice, coraggiosa fino all’incoscienza, specializzata in azioni individuali spericolate come entrare in un albergo pieno di tedeschi per rubare direttamente dal cinturone la pistola di un ufficiale o far fuggire, con la complicità del personale e l’aiuto dei compagni dei Gap, Lisetta Giua, travestita da crocerossina, internata e incinta nella clinica Mangiagalli di Milano, dopo esser stata nelle mani della famigerata Banda Koch. Per quest’azione Gigliola fu incaricata direttamente dal CNL di Torino.
Questa è la storia di Anna Cinanni, di Torino, collabora con i gruppi della Resistenza, viene arrestata, portata in una caserma, picchiata e presa a pugni. Trasferita nel carcere di Vercelli, trova quattro compagne di Biella che le danno sostegno con la loro amicizia. Anna è giovane, piena di speranze ed è convinta che la prigionia durerà poco.
Questa è la storia di Anna Bechis, insieme ad altri partigiani fa irruzione in un magazzino militare tedesco per requisire stoffa: i partigiani hanno freddo, in montagna, e necessitano di tutto. Le balle di stoffa vengono portate nella sede di una vecchia cooperativa dove una sarta, con l’aiuto di altre ragazze, comincia a cucire giacche e pantaloni: una di esse racconta il fatto al proprio amante e una squadraccia fascista sorprende le donne mentre cuciono e le arresta. Anna si getta in un burrone, rimane ferma al buio mentre sopra sparano e sta immobile finché non vanno via.
Questa è la storia di Lea Verati, di Massalombarda, attiva con i Gruppi di Difesa della Donna, partecipa a un’azione di sabotaggio e viene arrestata la sera del 24 agosto 1944. Portata alla casa del fascio, Lea viene crudelmente torturata per l’intera notte. Non parla, suscitando la rabbia dei fascisti. Al mattino viene condotta nelle carceri di Ravenna ma già la notte, durante un terribile bombardamento sulla città, riesce a fuggire con un’altra partigiana, Teresina Geminiani.
Questa è la storia di Tea Palma, di Belluno, orfana giovanissima, manda avanti un bar per mantenere e far studiare i fratelli. Il bar diventa luogo d’incontro dei partigiani. Un giorno, all’arrivo dei fascisti, uno dei compagni spara un colpo in aria per avvertimento, gli uomini riescono a fuggire, ma Tea viene catturata e portata nella sede del corpo d’armata. Tea racconta delle atroci sevizie che subì, delle intere giornate passate svenuta senza neppure un bicchiere d’acqua. Tea resiste pensando al fratello Aldo che, ferito durante uno scontro, si uccide per non cadere vivo nelle mani dei nazifascisti.
Questa è la storia di Rina Chiarini, di Genova, arrestata, viene portata a Marassi, sotto il controllo delle SS e delle Brigate Nere. Sono convinti che parlerà, è una donna. La picchiano a sangue, ma Rina non parla. Dopo alcuni giorni si accorge di essere incinta. Una notte, mentre la battono furiosamente, Rina prega di non essere colpita al ventre perché aspetta un figlio. Si mettono a ridere e gridano che il figlio di un comunista deve morire. Nei giorni seguenti la picchiano ancor più feroci sul ventre, ma Rina, la partigiana, non parla, trema per la vita del figlio e resiste.
Questa è la storia di Olga Ciri, di Foligno, imprigionata e torturata dopo che il figlio Franco, nell’ottobre del 1943 è trucidato dai nazifascisti. Con lei Giorgina Formica, studentessa legata alla Brigata Garibaldi. E Giuseppina Silvi, arrestata per aver nascosto in casa ex prigionieri inglesi e condannata a trenta anni dal Tribunale Militare. Finisce in carcere anche Ermengarda Simonucci, staffetta partigiana della Brigata San Faustino. In quelle celle, al buio, con la pioggia, in quattro metri quadrati, aspettando l’interrogatorio e ogni tanto, a sentire che si avvicinavano, pensare: è giunta l’ora.
Questa è la storia di Anna Maria Enriquez Agnoletti, archivista fiorentina cacciata dal suo lavoro perché ebrea. Anna si sposta a Roma ed inizia l’attività clandestina con i gruppi cristiano- sociali. Al momento dell’occupazione tedesca della capitale torna a Firenze, dove sono rimasti la madre e il fratello e diventa una delle più valide organizzatrici della Resistenza, soprattutto come esperta di radio ricetrasmittenti. Un giorno arriva in casa sua un giovane che sostiene di esser stato mandato dai comuni amici di Roma, Anna lo accoglie ma si tratta di una spia. Viene arrestata e rimane per una settimana nelle mani della banda Carità. Torturata nella famigerata villa Trieste, è costretta a rimanere sempre in piedi senza mangiare e senza dormire. Anna non parla. Viene uccisa con altri partigiani di Radio Cora, che trasmetteva agli inglesi ormai vicinissimi, il 7 giugno del 1944, sul greto del fiume Mugnone.
materiali tratti da Partigiane, Martina Addis Saba, Mursia 1998