Abbiamo ricevuto questo contributo che condividiamo con tutte/i voi, nella speranza che la riflessione e il dibattito possa svilupparsi e continuare, anche sulle pagine del nostro blog.
Sono un’insegnante, naturalmente precaria, e mi avvio stancamente alla conclusione dell’anno scolastico… sotto la stanchezza, fisica e mentale, un lampo, immediatamente messo a tacere, di panico: che ne sarà di me il prossimo anno? Della cosiddetta riforma Gelmini si è molto discusso, e ci si è ampiamente mobilitati, ma penso ormai da tempo che i tagli economici siano solo l’ultimo e definitivo tassello di un mosaico la cui prima pietruzza è stata posata anni fa, anche da governi di colore politico diverso, e che ha un unico “naturale” sbocco: la distruzione della scuola nel senso della distruzione dell’idea, astratta e concretissima a un tempo, di studio, di cultura, di apprendimento… una valanga che non può non travolgere gli insegnanti, il personale amministrativo, gli studenti, le stesse famiglie e la società tutta.
Credo che i ragazzi e le ragazze che sono scesi in piazza lo abbiano capito perfettamente ed è per questo che sempre, in prima fila, hanno brandito come armi libri giganti, romanzi, la Costituzione Italiana, la Divina Commedia, fatti di gommapiuma ma idealmente di carta e inchiostro.
Non cellulari o I Pod o E Book…libri, semplicemente!
Sto leggendo con grande interesse, e sgomento, l’ultimo lavoro di Paola Mastrocola, docente in un liceo scientifico torinese, Togliamo il disturbo, pubblicato nel febbraio 2011, e alcune pagine in particolare mi sembrano davvero significative…vorrei condividerle sul vostro blog e mi piacerebbe se altri insegnanti intervenissero a esprimere la propria opinione su quanto l’autrice espone, anche perché con alcune colleghe molti degli spunti offerti dal libro sono al centro di un acceso scambio di idee, soprattutto per quanto riguarda le nostre responsabilità e il nostro ruolo!
“Quarant’anni fa, quando le masse avrebbero avuto bisogno di una scuola di massa, noi facevamo loro una scuola d’élite, contro la quale giustamente si batté Don Milani. E oggi che le masse avrebbero bisogno di una scuola d’élite, noi facciamo loro una scuola di massa, popolare, inclusiva, ma immiserita nei contenuti, alleggerita di cultura e apparentemente superdotata di mezzi tecnologici.
Così sì che stiamo creando una scuola classista: a forza di offrire una scuola dequalificata e vuota, a forza di non insegnar più alcuna nozione in nome di un’antica battaglia al nozionismo, a forza di sostituire lo studio con il gioco o con la tecnologia, noi non assicuriamo più a nessuno una solida preparazione e così facendo azzoppiamo definitivamente proprio le classi meno abbienti e facilitiamo enormemente le classi socialmente avvantaggiate, che, potendo contare su un ambiente familiare e sociale culturalmente progredito, sono già perfettamente in grado di integrare le lacune della scuola attuale e di supplire egregiamente allo scarso e inefficacie lavoro di noi insegnanti.
Non vedere intorno a voi come si muovono le classi alte? Quali scuole scelgono per i figli?
Sanno perfettamente cosa fare, evitano con grande maestria le scuole statali di quartiere e si vanno a cercare le scuole internazionali o le scuole confessionali provate o quelle rare scuole statali di qualità che ancora sopravvivono: i luoghi esclusivi, dove ancora si insegnano i contenuti, dove si fa grammatica insieme alle lingue straniere, e si fanno leggere i libri e si pretende lo studio.
Non ci cascano le classi alte, anche se politicamente progressiste e magari laiche: piuttosto mandano i figli dai preti o dalle suore, purché imparino ancora la calligrafia e l’ortografica, facciano il dettato e l’analisi logica, escano cioè con delle basi, una conoscenza, una cultura! In ogni città d’Italia è così, e lo sappiamo tutti quali sono le scuole che funzionano: sono uno o due licei, spesso privati, spesso a pagamento, spesso confessionali. Come mai succede questo? Ce lo siamo mai chiesto? E se sì perché permettiamo che le cose continuino così?
I giovani si stanno accorgendo di quel che abbiamo combinato. Oggi, come si può amaramente constatare, c’è un calo di iscrizioni alle università. i giovani hanno capito due cose entrambe tragiche: che arrivano assolutamente impreparati ai corsi universitari (non possiedono le nozioni di base e non hanno nemmeno imparato a studiare); e che, anche qualora ce la facessero, la laurea è ormai svalutata, non serve a trovar lavoro, men che mai un lavoro d’eccellenza. Quindi, è inutile iscriversi all’università, perdendo anni preziosi.
Bel “successo” davvero, complimenti alla mia generazione!
A chi dovrebbe poter contare su una buona scuola d’élite statale, ai figli della gente umile e povera, che lavora e a stento sbarca il lunario, noi stiamo offrendo oggi soltanto una pessima scuola di massa, condannando all’ignoranza e all’immobilismo sociale proprio coloro che più dovremmo aiutare.
Con la nostra scuoletta facile e divertente, dove è vietato fare grammatica e letteratura e Dante con le note ( al massimo usiamo i cd del Dante di Benigni, almeno lui è divertente e quindi motivante!), noi stiamo proletarizzando definitivamente il proletariato.
Lo condanniamo a essere per sempre proletariato, e consegniamo invece il potere a quei pochi, veramente élite, che per privilegi famigliari possono studiare in scuole dove ancora insegnano a far le aste, a mettere i numerini incolonnati, e gli apostrofi al posto giusto.
Strutturano la mente, costruiscono capacità di pensiero. Cosa che poi consentirà loro di fare un ottimo liceo e di accedere alle migliori università, italiane, ma ancor meglio straniere.
Un vero capolavoro classista, complimenti! Soprattutto se penso che tutto ciò è opera di insegnanti e politici di sinistra… non so come sia stato possibile essere tanto progressisti e aver combinato tutto ciò.
Non so come sia possibile ergersi a difensori delle masse e aver privato sistematicamente le masse di un’istruzione alta, e ancor oggi parteggiare per una scuola dove al primo posto ci sia la relazione, il dialogo, l’amicizia con gli allievi e altre fumosità come: centralità dello studente, strategie di apprendimento, educazione alla cittadinanza, e non le “cose” concrete e fondamentali, matematica, storia, scienze, letteratura,arte…
Le basi, le colonne, le fondamenta su cui poggiare una rigorosa e vera preparazione culturale”
Paola Matrocola, Togliamo il disturno, Guanda, 2011
Termino qui la citazione, preciso solo che l’autrice fa riferimento, precedentemente, al ministro Berlinguer e al suo scellerato sistema del 3+2, a Fabio Mussi, ve lo ricordate?, e alle indicazioni del Trattato di Lisbona in materia di formazione scolastica.
Che ne pensate? Grazie!
sono insegnante precaria anch’io e sto leggendo il libro della mastrocola, sono quasi alla fine.
L’idea che mi sono fatta delle dichiarazioni della mastrocola è che lei non ha una visione d’insieme del ciclo scolastico perchè insegna in un settore molto limitato di scuola: il liceo scientifico. Non conosce i tecnici, fortuna per lei, e gli altri cicli scolastici: elementari e medie.
La sua visione è limitata : si aspetta di trovarsi il pacchettino bell’e confezionato di alunno- volenteroso e colto e is incazza con i prof degli altri cicli perchè non l’hanno preparato!!!! insomma un po’ uno scarica barile.
Inoltre non avendo figli e non sapendo le difficoltà che questo comporta nell’educarlo etc… se la prende anche con i genitori che troppo spesso lo abbandonano ai videogioghi e strumenti informatici, non seguendoli adeguatamente. Già, quando descrive il bimbo che al ristorante giocha al ds e i genitori ridono con gli amici, non sa cosa ci potrebbe essere dietro a quel momento di svago per lei eretico: semmai una settimana di duro lavoro, di compiti e ore spese fatte fare la bambino dopo il lavoro, di disagio, di …..
premetto che noi in famiglia siamo abbastanza svizzeri sullo svago: 1ora e mezza al giorno davanti allo schermo, che sia pc, tv. ds, psp. quindi so io la fatica che faccio per imporre a mio figlio una disciplina e un vaccino contro quel buco nero che sono i giochi elettronici. non sto dicendo che mastrocola, non ha ragione, sto dicendo che la questione è molto più complessa, riguarda la nostra società, la famiglia mononucleare, le campagne securitarie della lega che hanno terrorizzato tutte le mamme e i bimbi e fino in terza media non escono di casa, mentre mio figlio 8 anni va ai giardini da solo con la sorella 11 , ma viene visto come un marziano abbandonato dalla mamma… è molto meglio e più sicuro piazzarlo davanto alla tv…. insomma nel merito della disciplina dello studio ovvio che siamo al disastro annunciato e voluto da p2(mi riferisco al piano gelli del ’80 di cui si è fatto intrprete il pdl) e pd, ha ragione ma non si può scaricare tutto così allegramente sui genitori e su insegnanti medie elementari. Alle medie forse mastrocolo non lo sa ma sono le scuol e obbligatorie: cosa facciamo? se alziamo il tiro, 70% dei miei allievi non prenderebbe il diploma. Rimarrebbe escluso anche da un mercato di lavoro che …
adesso devo scappare ma continuerò appena ho tempo, scusate l’interruzione
betti
Bella riflessione…non basterebbe un libro per rispondere a questi interrogativi…
qualche cosa da insegnante precaria la posso dire però:
divertente e facile non sono la stessa cosa.
Non credo che un contenuto se divertente o interessante debba essere qualcosa di negativo per gli studenti.
Siamo obbligati oggi a partire dal divertente.
Il problema è che la scuola si trova a combattere la completa deresponsabilizzazione dei ragazzi, promossa dalla tv e dal consumismo sfrenato per cui i genitori sono capaci di tagliarsi un braccio per far avere l’I-phone al figlio.
La stimolazione continua dei loro sensi fatta dalla caterva di immagini, video e musica di questa società dell’ultra consumo teconologico li desensibilizza e l’approccio ai libri, diventa noioso, difficile, per i più incomprensibile.
Non c’è dubbio, noi che facciamo questo mestiere lo sappiamo, senza studiare la grammatica, l’ortografia, la sintassi, il latino, il cervello non si struttura e viaggia “più lento”, i contenuti sono più difficili da capire e da fare propri.
è triste che siano proprio i colleghi ex sessantottini a dirmi che faccio lezioni alla vecchia maniera, che sono troppo esigente, che la grammatica non la fa più nessuno, che in questo modo non sarò amata, e gli studenti si lamentano molto perchè gli altri li fanno studiare meno.
è meno faticoso accontentarsi da entrambe le parti.
MA se torniamo tout-court alla scuola della grammatica, delle bocciature per tutti, saranno proprio i figli dei proletari a rimanere esclusi, per primi e in numero maggiore. Almeno per un periodo iniziale.
Chi si sente di far pagare questo prezzo?
Non è facile.
Quella di oggi è una scuola che si accontenta. Anche io mi accontento: i contenuti sono respinti dai ragazzi, a priori. Inutile insistere su com’era organizzata la Roma repubblicana, o chi fu Lutero o sulla vita di Leopardi. E allora lavoriamo sul metodo, su come si studia, sul lessico, sui perchè da porsi, sempre, anche e sopratutto leggendo la bolletta dell’enel.
Io ho sempre creduto nell’utopia: ma non facendola pagare alla pelle degli altri.
Il ripensamento è obbligatorio, proprio a causa delle mutate condizioni sociali, ma la riconversione non può dimenticarsi delle cose buone che sono state fatte in questi anni (integrazione culturale, laboratori, progetti interscolastici) o lasciare da parte la tecnologia che se usata come si deve è un supporto fantastico.
In tutto questo parlo a vanvera…perchè a settembre non so di che morte morirò, ce l’hanno fatta a distruggere tutto e molto probabilmente dovrò cambiare lavoro. Per la gioia dei miei alunni che non dovranno più studiare i pronomi personali complemento oggetto, atoni e tonici.
🙂
Penso che se me lo potrò permettere comprerò il libro di Paola Mastrocola, dato che ne condivido pienamente le considerazioni, grazie alla postatrice,
pm