Stamattina, alle 12.30, si è tenuto di fronte al Tribunale di Torino il presidio in solidarietà con Marta, convocata dalla procura torinese non solo in merito ai fatti per cui è stata denunciata, ma anche per essere sentita su quanto ha voluto con coraggio denunciare, pubblicamente, in conferenza stampa, rispetto alle molestie subite.
Erano presenti anche i pm che venerdì sera erano già dentro al cantiere, pronti a convalidare i fermi e gli arresti che la polizia evidentemente aveva già deciso di effettuare…la strategia di chiudere ogni via d’uscita durante la carica è stata messa in atto proprio per fare più male possibile ed arrestare…Insomma, la dinamica dei fatti di venerdì notte lascia poco spazio alle ipotesi: procura e polizia agiscono di concerto e in modo premeditato per intimidire, reprimere e criminalizzare il movimento, e la procura dell’era Caselli non si smentisce mai – ricordate quando il canuto e democratico forcaiolo volle essere presente, di persona, all’udienza per Nina e Marianna?
A Marta sono stati convalidati i capi di imputazione, gli stessi degli altri compagni, lesioni,violenza, resistenza, porto d’armi da guerra, sui quali lei ha scelto di non rispondere.
Poi ha presentato un suo memoriale in merito alle molestie, molto lucido e circonstanziato, secondo la sua avvocata. I magistrati si sono detti non interessati a farle altre domande: fatto che, sempre secondo l’avvocata, perlomeno non l’ha costretta a ripercorrere quei momenti di terrore. Tuttavia, sicuramente, la vorranno risentire.
Intanto fuori si è tenuto un animato presidio in solidarietà con Marta, con tanti compagni e compagne di Torino, ma anche molte e molti venuti da altre città e scesi dalla valle a testimoniare vicinanza e complicità assolute. Gli interventi al microfono sono stati moltissimi, e non si sono interrotti mai, nemmeno quando un gruppo di compagne si è avvicinato al muro di cinta del tribunale per appendere lo striscione in solidarietà a Marta “se toccano una toccano tutte, non un passo indietro, sempre notav”…ma i poliziotti, gli stessi di Chiomonte, ci si sono fiondati addosso, per impedirlo.
Le compagne sono state circondate e malmenate…altre compagne e compagni sono corsi in aiuto ed è partita la carica con la celere incontenibile e la digos a capo, che non riusciva (o forse non voleva?) contenerla…E’ volata anche qualche manganellata, ben studiata, soprattutto in basso, così da non farsi vedere e riprendere, ma qualcuna è scappata anche più in alto: una compagna è stata ferita alla testa, ed è dovuta andare in ospedale, per farsi dare qualche punto.
Intanto i poliziotti, del tutto incuranti di spingere i compagni e le compagne sulla strada, tra le macchine in corsa, continuavano a provocare e avanzare…volevano portare via lo striscione a tutti i costi e mettere a tacere le accuse pesanti che li stanno investendo…
Il confronto tra le compagne/i compagni e la celere schierata è proseguito per un po’, anche quando ci si è spostati verso l’ingresso del tribunale, quando c’è stata una seconda carica, e nuove manganellate. Gli sbirri erano evidentemente molto nervosi: è chiaro che quando sono accusati apertamente di ciò che capita quotidianamente alle donne nelle questure, nei commissariati e nei tribunali – e non solo durante le manifestazioni – si incazzano ancora di più, e diventano incontrollabili… Ricordiamo bene la violenza a freddo sulle compagne milanesi che esponevano lo striscione “ NEI CIE LA POLIZIA STUPRA”…
Quando Marta è uscita, un lungo applauso l’ha abbracciata e le ha fatto sentire il calore, la solidarietà e la vicinanza di tutte e tutti, tanti slogan per lei e contro gli sbirri e il solito assalto dei professionisti della disinformazione interessata, gli stessi che l’hanno strumentalizzata nei giorni scorsi, così morbosi quando la protagonista della storia è una donna, magari giovane e carina, ma anche questo è un ritornello che le donne oramai conoscono bene.
Marta, molto emozionata ma sempre guerriera, è uscita a testa alta, e a pugno chiuso ha salutato tutte e tutti…
Il presidio si è poi sciolto, ma l’appuntamento è per la giornata di mobilitazione di domani in valle, con la marcia popolare da Giaglione a Chiomonte, alle 14.30.
Intanto la compagna ferita alla testa è andata all’ospedale Maria Vittoria, dove ha dovuto subire le provocazioni del dottore, che mentre le dava i punti, l’ha pesantemente infastidita, chiedendole cosa fosse successo ed esplicitandole tutta la sua avversione per i NoTav … “ma allora questa ferita la vogliamo un po’ allargare, ci buttiamo sopra un po’ di acido…visto che sei una notav?”, e poi, ancora, lanciava i suoi strali contro Marta che “chiama al lupo al lupo”. Il dottore ad un certo punto voleva addirittura scriverle sul tampone della ferita, col pennarello, “NoTav”…”ah allora qui sul fiocchetto ci scriviamo un bel notav”,come per marchiarla, come se essere NoTav fosse un simbolo d’infamia. Quando la compagna ha fermamente reagito alle provocazioni di quest’emulo, in piccolo, del verme Esposito, lui ha messo via il pennarello…
Lo Stato è un padre-padrone violento, che tenta di ridurre al silenzio, normalizzare e reprimere chiunque vi si affranchi; lo fa attraverso i suoi servi, la polizia, i magistrati, e spesso anche i medici degli ospedali pubblici. Ma questo, le donne lo sanno bene, la lotta per l’autodeterminazione è piena di esempi.
Pardon, quasi tutte le donne, lo sanno, escluse le embedded di Senonoraquando, che parlano solo se si tratta di svendere le ragioni delle donne a ragioni politiche altre- l’opposizione piddina a Silvio B.- e che la storia di Marta mette in aperta contraddizione, visti gli interessi democratici nell’affare Tav.
E dunque, SE NON CON MARTA: QUANDO?