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Quaderni viola: il contributo di MeDeA

Ecco il nostro contributo al quarto numero dei Quaderni Viola, centrato sul modello sociale proposto dal Libro Bianco di Sacconi.

Il Libro Bianco presentato nel maggio del 2009 dall’attuale ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi, non si legge semplicemente: deve essere analizzato e studiato con chiara consapevolezza del suo non essere un documento politico, amministrativo o legislativo in senso tradizionale: nel Libro Bianco si entra come ci si addentrerebbe in un mondo, un mondo disegnato   e preparato per il futuro di tutti e tutte noi.

Il Libro Bianco fonda un modello sociale, addita un indirizzo, costruisce e fissa coordinate di contesto, rappresenta l’ordine simbolico di riferimento all’interno del quale trovano posto tutti i concretissimi fatti cui abbiamo assistito nell’ultimo biennio: la Riforma Gelmini per quanto riguarda l’istruzione,  il piano Marchionne per gli stabilimenti Fiat in Italia, l’ultima manovra finanziaria del ministro Tremonti e infine lo smantellamento definitivo dello Stato Sociale che abbiamo conosciuto.

Il ministro Sacconi ha la pretesa di fondare una nuova società, definita “attiva”, con le sue strutture portanti (la triade costituita da persona, famiglia e comunità), con i suoi valori ( lavoro, produttività e merito) e con i suoi presunti moderni punti fermi ( opportunità e responsabilità).

Uno scenario che si snoda secondo un’economia binaria che procede per opposti, nella forma e nella sostanza, e che non si accorge in questo porre continue antinomie di quanto esse siano base stessa di irrisolvibili contraddizioni interne al testo e a quello che vorrebbe imporre. Si tratta infatti   di un testo che pretenderebbe di costruire modelli nuovi di fatto riproponendo ossessivamente schemi obsoleti superati nella comune percezione: gioventù contro vecchiaia, pubblico contro privato, persona contro Stato, scuola contro impresa, precarietà contro assistenzialismo, lavoro di cura riproduttivo contro lavoro salariato produttivo e, soprattutto, base essenziale di ognuna di tali coppie, la necessaria riaffermazione dei ruoli e ambiti di competenza, tipici di donna e uomo.

Le donne hanno innegabilmente un ruolo fondamentale nel Libro Bianco del ministro Sacconi, un ruolo chiarissimo che non è possibile in alcun modo equivocare: alle donne compete la cura di bambini e anziani, è questo il loro vero lavoro, gratuito e di loro esclusiva pertinenza.

È la famiglia il loro mondo. Certo le donne lavorano anche fuori casa, ma il destino in cui si vuole costringerle è quello dell’eterna precarietà, di un mercato del lavoro che per loro sia sempre come una porta girevole, dalla quale entrare, e più spesso uscire, secondo i tempi dettati dalla produzione, che ha esclusivamente bisogno anche di riproduzione a costo zero. Il tempo che le donne sono costrette a trascorrere fuori dal mercato del lavoro salariato non è tempo per loro, ma tempo per le tassative e imprescindibili esigenze della cura.

Rifiutando la riproduzione gratuita e la divisione sessuale dei ruoli non si mette in discussione semplicemente il Libro Bianco di Sacconi, quanto piuttosto l’intero sistema di produzione occidentale del capitale.

Non sono le famiglie il welfare dell’Italia, sono le donne.

Ma di quali donne si parla? Quali sono le donne che il Libro Bianco raffigura?

Sono donne cristallizzate in un periodo ben preciso della loro lunga vita, vale a dire quello tra i 20 e i 40 anni, i due decenni in cui si concentrano i passaggi fondanti l’esistenza: si è terminata la fase della formazione obbligatoria, ci si affaccia al mercato del lavoro e, soprattutto, si può volere dei figli.

È forse casuale che il focus del Libro Bianco sia proprio su quell’unico segmento della vita delle donne in cui produzione e riproduzione, famiglia e lavoro, maternità e mercato acquistano un valore sociale ed economico immenso?

Tutto il discorso sui servizi, sulle privatizzazione, sulla flessibilità è concentrato sui due decenni di vita potenzialmente riproduttiva delle donne.

Che corpo e salute delle donne in quest’ottica siano centrali è considerazione ovvia, basta guardare a quello che sono diventati i consultori, un tempo luoghi delle donne appunto, oggi presidi territoriali concentrati esclusivamente sulle attività inerenti maternità e infanzia.

Le donne del Libro Bianco non sono mai state ragazze e non saranno mai anziane, si perdono nell’indifferente mondo dei giovanissimi o della terza e quarta età, eternamente dipendenti, assolutamente non autonome, prigioniere delle quattro mura di casa o di un lavoro non stabile e mal pagato, forse attraversate di quando in quando da un brivido: chi si prenderà, finalmente, cura di loro? Dei loro bisogni, della loro salute, della loro “pensionisticamente” povera vecchiaia?

Le donne del Libro Bianco sono tutte uguali, non esistono distinzioni di religione, classe sociale o nascita… sono evidentemente donne occidentali, sposate, con almeno un figlio, un lavoro a tempo parziale e tempo per sostituire uno stato sociale pubblico in svendita.

E sono donne di classe media, perché se è vero che il modello di Sacconi vale per tutte, esso è fortemente classista, e razzista: queste sono donne che, se necessario, si possono pagare quello che è ormai prestazione erogata dai privati, dalla salute all’istruzione.

Non ci si inganni, il ministro Sacconi ha ben chiaro il modello sociale di riferimento anche per gli uomini: se per le donne la maternità, forzata dato che abortire diventa sempre più una colpevole via crucis, è destino di libertà, una buona volta ridotte a erogatrici di servizi e riproduttrici di forza lavoro, gli uomini sono attesi da un futuro di lavoro flessibile e senza tutele.

In fondo si può mostrare come il Libro Bianco del ministro Sacconi stia tutto in due date, che raccontano due momenti topici della storia recente d’Italia e del posto che alle donne compete: 26 marzo 2010, sul piazzale della Omsa di Faenza Alessandra Servidori, consigliera nazionale di parità, propone per le lavoratrici dello stabilimento in via di spostamento in Serbia, l’impiego come baby-sitter o  bandati; 1 luglio 2011, la Mavib, azienda che produce elettrodomestici in provincia di Milano, annuncia il licenziamento delle sole operaie donne, spiegando che così potranno stare a casa a curare i loro bambini e che comunque il loro in casa era il secondo stipendio.

Eccolo il modello sociale del Libro Bianco, ecco quello che molti pensano e che nessuno ha il coraggio di dire: il posto delle donne è a casa, il loro lavoro fuori è secondario, accessorio e in fondo sacrificabile.

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