Abbiamo incontrato alcuni/e insegnanti che lavorano nei CTP (Centri Territoriali Permanenti) di Torino e provincia, istituzione scolastica statale dove si svolgono corsi di alfabetizzazione, di lingua e cultura italiana per adulti, licenza media e di idoneità alla terza superiore (Polis) con il conseguimento di una qualifica professionale. Questi corsi sono frequentati soprattutto da migranti che, da dicembre, devono anche affrontare il famigerato test di italiano, obbligatorio per poter ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Molti/e insegnanti hanno deciso di mobilitarsi e hanno prodotto un documento dal titolo “Per non essere complici” per esplicitare il loro dissenso verso l’introduzione del test ritenendo che, in questo modo, si vada nella direzione opposta di un inserimento reale delle donne e degli uomini migranti nella società italiana;
nello stesso tempo denunciano lo spreco di tanti soldi pubblici per mettere in atto tale procedura (nella sola provincia di Torino saranno stanziati ben 500.000€ per le commissioni giudicanti), ed esprimono la fondata preoccupazione che i/ le migranti che faranno richiesta per frequentare un corso non trovino un’adeguata risposta nel servizio pubblico a causa dei continui e pesanti tagli che il settore subisce, contribuendo ad aumentare un mercato privato, pronto a speculare sulla richiesta di corsi per la certificazione A2.
Nella campagna che i docenti stanno portando avanti, espongono le motivazioni del loro rifiuto ad essere complici definendo il test “l’ennesima negativa misura finalizzata ad escludere dalla piena cittadinanza una parte ormai consistente della popolazione che vive in Italia”, avanzano proposte per una effettiva integrazione quali la regolarizzazione dei e delle migranti che contemporaneamente stia lavorando e frequentino un corso di studi statale e il potenziamento dei finanziamenti per il Ministero dell’Istruzione.
Una vera e propria campagna che sta raccogliendo moltissime adesioni anche al di fuori del mondo degli insegnanti CTP, coinvolgendo docenti universitari, assistenti sociali, operatori, avvocati, cooperative, associazioni, sindacati e ovviamente le realtà che promuovono i corsi di italiano per migranti autogestiti.
Per cominciare vi diamo alcune informazioni tecniche.
Il test di italiano è stato introdotto dal decreto Maroni (di concerto con la ministra Gelmini) del 4/6/2010, in vigore dal 9/12/2010, come requisito obbligatorio per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno a tempo indeterminato). Il livello di questo test è pari al livello A2 di conoscenza della lingua italiana.
I finanziamenti per pagare gli stipendi degli insegnanti di italiano interessati a tale test provengono direttamente dal Ministero degli Interni (come gli Organi di Polizia) e non dal Ministero dell’Istruzione; i test, inoltre, sono tenuti in orario extra lavorativo e non prevedono alcun percorso o corso formativo di preparazione.
L’iscrizione al test deve essere effettuata via internet, certamente ostile a coloro che il digital divide ha sempre tagliato fuori dal mondo informatico.
Il Vademecum del Ministero dell’Istruzione prevede tre prove: una prova di comprensione orale, una prova di comprensione scritta e una di interazione scritta (risposta a una mail/cartoline/inviti o compilazione di moduli per iscrizione a corsi o a scuole, dati anagrafici, richieste di permessi di soggiorno, contributi e sussidi, conti correnti…) per una durata complessiva di 60 minuti. Per superarlo è necessario un punteggio di almeno 80/100.
Sono esenti dal presentare il test:
- i figli minori di 14 anni
- chi presenta gravi problemi di apprendimento linguistico, per età, handicap o patologie, certificati da un medico di una struttura pubblica
- chi è in possesso di un certificato di conoscenza dell’italiano a livello A2 rilasciato da Istituzioni Scolastiche pubbliche
- chi ha frequentato un corso di italiano presso i CTP e dimostra di avere un livello di conoscenza della lingua italiana pari a A2
- chi ha conseguito un diploma di scuola media o superiore ottenuto in un istituto italiano
- chi frequenta un corso universitario, un dottorato o un master
- chi ha un permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’art. 27, comma a,c,d,q ,del T.U. (dirigenti, professori universitari, traduttori, interpreti, giornalisti)
Questo test si aggiunge ad una procedura già complessa: per ottenere il permesso CE di lungo periodo: il/la migrante deve avere una regolare presenza sul territorio italiano di almeno 5 anni, avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e documentare la propria situazione in ambito penale. Dovrà pagare circa 70 euro alle poste per spedire il kit a cui allegare il certificato del casellario giudiziale, il certificato dei carichi pendenti, il certificato di residenza e tutta la documentazione attestante il possesso di risorse economiche sufficienti. Nel caso di richiesta per i familiari il reddito necessario aumenta ed inoltre bisogna certificare la disponibilità di un alloggio idoneo (i cui parametri saranno accertati dall’Asl competente!) oltre a fornire un attestato anagrafico, tradotto e validato dall’autorità consolare nel Paese di appartenenza o di stabile residenza.
Al momento il sito della Prefettura di Torino parla di quasi un centinaio di richieste, ma i docenti calcolano siano circa 5000 le persone in Torino e provincia nella condizione di poter richiedere il permesso di lunga durata. Oltretutto non si sa che fine faranno le domande di permesso già presentate prima dell’introduzione del test. I/le migranti temono di doverle ripresentare con tutta la documentazione ripagando i 70 euro!
Ai primi test sappiamo che a Torino molti/e migranti sono arrivati in ritardo perchè la Prefettura ha fornito loro un indirizzo sbagliato! Alcuni/e migranti sono stati respinti per non aver superato la prova. Questo significa dover ripresentare tutta la documentazione, ovvero rifare la procedura di iscrizione, pagare, fornire nuovamente la documentazione e attendere di essere richiamato/a chissà quando per riprovare la seconda (ed ultima) volta il test, sperando di superarlo.
Questo decreto si inserisce nella politica razzista e violenta del governo a cui non basta aver collegato, con la legge Bossi-Fini, il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, vera chimera nella crisi economica attuale che significa perdita del lavoro e contemporanea irregolarità, aver approvato il famigerato pacchetto sicurezza che introduce il reato di “clandestinità”, aver potenziato e prolungato la detenzione nei CIE, veri e propri lager introdotti dalla legge Turco-Napolitano, in cui diventa lecita ogni sorta di violenza, come dimostra l’esperienza di Joy, violentata da un ispettore italiano poi assolto; ora cerca di dare piena attuazione all’Accordo di Integrazione, previsto dal pacchetto sicurezza che formalizza il permesso di soggiorno “a punti”, la cui osservazione sarà vincolante per il rilascio dello stesso.
In questo quadro desolante per tutti e tutte, ci rendiamo conto che, ancora una volta, le donne devono pagare un prezzo molto alto. Infatti le donne migranti, presentando importanti differenze linguistiche e di scolarizzazione a seconda del Paese di origine, potranno avere maggiori difficoltà legate:
- al grado di scolarizzazione e al tipo di vita che conducono, spesso relegate in casa ad occuparsi dei figli con l’impossibilità di frequentare corsi e scuole.
- al tipo di lavoro a loro destinato, in gran parte assistenti familiari, cosiddette badanti, (che magari hanno anche pagato per l’ultima sanatoria-truffa), chiuse in casa ad accudire anziani 24 ore su 24, che non possono frequentare in modo costante i corsi di Italiano ma che comunque proveranno a fare il test.
- al disagio nell’affrontare l’ennesima verifica, per la tensione che essa comporta, dovendosi mettere nuovamente in gioco.
- al dover fare un test portandosi dietro i figli che non saprebbero a chi lasciare.
Molte altre considerazioni e riflessioni possono e devono essere fatte a riguardo, ma già solo questo basta per chiedersi: chi vuol renderci complice di tutto ciò?
Noi no, ed è anche per questo che saremo in piazza il Primo e l’8 Marzo e tutti i giorni che serviranno!!