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Vamos! Verso la Conferenza mondiale delle donne di base di Caracas

MeDeA a Caracas con noi. Visita il sito della delegazione italiana.

Work in progress. La preparazione del contributo di MeDeA alla conferenza:

* La lotta del movimento No Tav

* Lavoro e precarietà

* Servizi e Welfare

* Corpi/Autodeterminazione

No Tav – Porteremo a Caracas il video “No Tav, la valle che resiste”  prodotto dal Comitato di lotta popolare NoTav di Bussoleno e dal Centro Sociale Askatasuna, tradotto in spagnolo e quindi facilmente fruibile da tutte. La visione collettiva del video ci aiuterà a presentare il movimento no tav, a raccontare come è nato, le varie fasi che ha attraversato e soprattutto ad offrire e condividere un’analisi politica che faccia emergere le specificità di quella lotta.  Per preparare il nostro contributo, stiamo avendo diversi incontri con le donne della Valsusa, che conosciamo da tempo, in modo da elaborare con loro e portare poi a Caracas un punto di vista di genere sulla lotta che le ha viste protagoniste e sempre in prima fila.

Lavoro e precarietà – Da tempo stiamo affrontando la questione della femminilizzazione del mondo del lavoro, in tutte le sue sfaccettature: produzione/riproduzione, lavoro di cura, lavoro migrante (assistenti famigliari, le cosiddette badanti), gli effetti della crisi globale sulle lavoratrici, collegato lavoro, e nello specifico torinese, la vicenda del referendum a Mirafiori.

Servizi e Welfare – Da qualche mese abbiamo portato avanti un lavoro di analisi collettiva sul Libro Bianco di Sacconi, quindi riforma del welfare e insieme riforma del lavoro.  Il contributo verrà inoltre ampliato con una riflessione sui servizi, bersagli oggi più che mai di tagli e privatizzazioni. E naturalmente, in collaborazione con le compagne del Lazio e della Lombardia, le nuove leggi e delibere sui consultori e l’ingresso del Movimento per la vita nelle strutture pubbliche.

Corpi/Autodeterminazione – Immaginiamo che visto quanto sta accadendo in Italia intorno alle vicende berlusconiane, probabilmente verrà chiesto alla delegazione italiana di raccontare da una parte la risposta dei movimenti femmininisti, delle donne e non solo, e dall’altra un discorso più generale sull’immagine della donna, del simbolico femminile, la mercificazione dei corpi e l’attacco all’autodeterminazione delle donne. Anche su questo proporremo spunti di riflessione e documenti che in queste ultime settimane abbiamo prodotto.

Qui di seguito vi proponiamo il Report dell’Assemblea internazionale delle donne che si è tenuta l’1 e il 2 ottobre 2010 a Dusseldorf in preparazione alla Conferenza di Caracas.

NOI SEMINIAMO IL SOLE NELLA FORESTA OSCURA

“Noi seminiamo il sole nella foresta oscura” hanno cantato le donne dell’Iran aprendo la seduta internazionale del XIX Consiglio politico delle donne in Germania. Un canto che ha racchiuso il senso delle nostre conoscenze, delle nostre nuove esperienze e i sentimenti intensi espressi nel corso dell’assemblea internazionale delle donne che si è tenuta a Dusseldorf l’1 e il 2 ottobre 2010. In quell’occasione, si sono incontrate delegazioni di donne di 31 paesi, provenienti dall’Africa (Marocco, Mali, Sudafrica e Congo); dall’Asia (India, Indonesia, Filippine, Bangladesh); dagli Stati uniti; dall’America latina (Ecuador, Venezuela, Argentina, Repubblica dominicana); dal Medioriente (Turchia, Kurdistan, Iran, Afghanistan, Iraq e Palestina); e dall’Europa (Paesi Bassi, Germania, Italia, Francia, Austria, Portogallo, Svizzera, Serbia, Inghilterra, Svezia, Belgio, Russia, Bielorussia). La maggior parte delle donne è venuta direttamente da questi paesi, e a queste delegazioni si sono aggiunte le sorelle che vivono come migranti negli altri paesi.

L’oscurità regna effettivamente nella foresta
… quando in Iran le donne vengono lapidate, o si taglia loro il naso o le orecchie, quando vengono bruciate, quando le bambine vengono date in matrimonio a nove o dieci anni
… quando ogni giorno donne e ragazze lasciano il loro paese per trovare un posto da domestica o bambinaia, spesso in modo illegale;
… quando le migranti combattive sono sempre più bersaglio di “leggi contro il terrorismo” e vivono senza la certezza di poter restare stabilmente in un paese e senza poter usufruire in modo paritario dei diritti sociali, politici e culturali;
…quando il potere politico minaccia la vita delle donne e delle ragazze come nelle Filippine dove, negli ultimi anni, 1206 militanti, donne e uomini, fra cui 12 bambini ancora nel ventre delle madri sono stati assassinati, 205 sono scomparsi, e fra questi 31 donne; dove ci sono 344 prigioniere politiche, fra cui 61 donne incinte o anziane;
… quando l’intervento brutale della polizia in Germania – com’è avvenuto contro gli oppositori del progetto Stuttgart 21 – annegano con i cannoni ad acqua i diritti democratici e mettono in pericolo la salute e anche la vita dei manifestanti;
… quando, come a Singapore, una legislazione di chiara marca anticomunista soffoca la vita democratica;
… quando in Bangladesh, 4 milioni di operaie, 80% delle quali molto giovani, a partire dai 14 anni, sono obbligate a lavorare da 16 a 18 ore al giorno, in alcune fabbriche fino a 20 ore e anche giorno e notte senza pausa, senza ferie, senza alcuna misura di sicurezza né diritti sindacali: al punto da doversi astenere dal bene acqua, perché andare al bagno non è consentito;
…quando molte ragazze nel mondo hanno sì un migliore accesso alla formazione, ma quando pongono la loro candidatura per un impiego stabile o un posto di apprendista, si sentono chiedere se e quando desiderano avere dei figli, poiché in quel caso, non sono adatte al posto;
… quando oggi in Germania, l’insieme dei lavori domestici, di cura, familiari non remunerati equivale alla creazione di valore lordo di tutta l’industria tedesca;
… quando l’attività salariale delle donne progredisce nel mondo intero, ma solo perché a loro sono riservati i bassi salari, il lavoro interinale e parziale, massima flessibilità e minima protezione del lavoro;
… quando la guerra, ma anche la “pace” della piovra imperialista ruba le ricchezze dei paesi dipendenti, ostacola lo sviluppo autonomo e impedisce alla donne di vivere la vita con dignità.
II.
Noi abbiamo affermato che ci sono nel mondo intero donne e ragazze che non vogliono accettare “l’oscurità della foresta”: “Non vogliamo essere vittime della storia, ma attrici del futuro!”.
Se noi siamo la metà del cielo, siamo anche la metà della lotta, dicono Sebahat del Kurdistan e Yeter di Turchia e parlano della grande unità che esiste nelle diverse forme di organizzazione create dalle donne stesse, e della loro campagna, che si oppone agli stupri, al patriarcato e alla mancanza di diritto per le donne. Raccontano: “Il movimento kurdo delle donne, da un lato ha lottato per la liberazione kurda, ma nello stesso tempo ha creato il movimento per la pace”.
Alcune donne degli Stati uniti parlano di nuovi movimenti sociali soprattutto contro gli interventi armati nel mondo intero. Quando Sandra degli Stati uniti e le donne d’Afghanistan si sono abbracciate, noi abbiamo sentito i forti legami di solidarietà mondiale delle donne combattive della base: Truppe straniere fuori dall’Afghanistan, fuori dall’Iraq, fuori dalle Filippine!
Dalla Repubblica Dominicana, Agnes ci ha raccontato come un movimento ecologista crescente e giovane è riuscito a impedire la costruzione di un cementificio nel pieno della foresta pluviale, sviluppando nuove forme di resistenza.
Siamo state entusiaste di ascoltare Helena dall’Ecuador raccontarci che le donne e le ragazze nel forte movimento politico popolare di cui fanno parte, hanno già rovesciato otto presidenti ostili al popolo.
Dilia del Venezuela ci ha parlato delle leggi progressiste che tuttavia sono state applicate solo dopo lotte di piazza. Così, ci sono già nove leggi contro la violenza sulle donne, ma allo stesso tempo, ci sono sempre delle donne che perdono il lavoro quando sono incinte.
Dall’Europa, nello specifico dai Paesi bassi, dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Francia e dalla Grecia abbiamo ascoltato come gli operai e le operaie sperimentate nella lotta si siano mobilitati – alla scadenza del programma per ammortizzare la crisi economica e finanziaria più profonda -, per ottenere posti di lavoro, aumenti salariali, riduzioni del tempo di lavoro, formazione e lavoro per i giovani.
E dappertutto nel mondo, le donne discutono sulle alternative societarie nelle quali le donne libere vivranno in società liberate dallo sfruttamento e dall’oppressione.
III.
Noi abbiamo appreso come tutte queste lotte non sorgano dal niente, ma esprimano in modo evidentissimo l’aumento di consapevolezza delle donne nel mondo.
Clarissa del Mali dice: “Vogliamo uscire dall’ignoranza nella quale ci hanno rinchiuso. Non vogliamo essere come altri ci vogliono. Vogliamo che il nostro destino non sia più deciso a Washington, Parigi o Bruxelles. 50 anni di tradimento delle nostre prospettive, bastano! 50 anni di falsi obiettivi e di ipocrisia, bastano! Non vogliamo l’uguaglianza del neoliberismo, ma la giustizia!”
Johan delle Filippine parla del suo slogan: Makibaka – non abbiate paura! Continuate la vostra lotta, perché la nostra esperienza dice: quando mettono una donna in carcere o quando l’assassinano, prima o poi ci saranno 10 nuove donne che verranno a impegnarsi nella lotta.
Le donne dei minatori in Germania lanciano un appello accorato ai loro mariti: Parla con me! Noi dividiamo i problemi, le preoccupazioni, le miserie, ma anche cose belle, comunque sia, sono al tuo fianco! Se tu comunichi con me invece di tacere sui problemi del lavoro, potremo arrivare a fare meglio molte cose!
Aynur della Turchia, che è stata lincenziata a causa del suo sciopero in solidarietà con le lavoratrici di Tekel, dice: “La vittoria apparterrà alla resistenza e alle donne!”
Anche l’appello di Agnes è stato applaudito: “Unite le vostre voci in favore di quelle che non hanno voce!”
Marijna di Serbia, delle Donne in nero, precisa: “Sono stata contenta di vedere che il pianeta mondializzato sta prendendo un altro volto grazie alle donne, come qui al Consiglio politico delle donne: il volto di donne forti, impegnate, attive per un mondo in cui noi vogliamo vivere insieme in pace.
IV.
Così, noi lavoreremo in modo ancora più intenso al progetto entusiasmante della Conferenza mondiale delle donne della base nel 2011 in Venezuela.
Insieme contro lo sfruttamento e l’oppressione, contro il sexismo, il militarismo, la povertà e la distruzione dell’ambiente, la Conferenza mondiale delle donne deve rafforzare l’autodeterminazione delle donne, la loro forza, e organizzarle.
“Prendete l’iniziativa, investite tutti i vostri talenti e capacità per questa causa! Mobilitate le donne e le ragazze! Finanziate questo progetto ambizioso! Assumete insieme la preparazione nei vostri paesi e inviate numerose un sostegno personale alle Brigate internazionali di preparazione in Venezuela! Mettete in relazione la preparazione della Conferenza mondiale delle donne nel 2011 in Venezuela con il rafforzamento durevole del movimento combattivo delle donne nel mondo!

Avanti verso il Venezuela! Ci ritroveremo a Caracas dal 4 all’8 marzo 2011 e vi celebreremo la 100ma Giornata internazionale della donna! Vamos!

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