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L’io fluido e ostinato delle donne

Medea ha scelto di non aderire all’appello “Se non ora quando”  che ha indetto la manifestazione di domenica 13 febbraio.

Abbiamo tuttavia ritenuto che fosse opportuno essere in piazza a Torino con un nostro contributo.

Ve lo proponiamo qui di seguito…

 

 

 

 

 

 

Me-DeA è un progetto che nasce nell’autunno del 2010 da un gruppo di donne, diverse per età, generazioni e percorsi lavorativi, con l’obiettivo e l’ambizione di occuparsi di ogni ambito e aspetto della vita politica, sociale ed economica in un’ottica di genere: non solo i temi propri e specifici del femminismo e dei femminismi, aborto, sessualità, violenza, ma il tentativo di interpretare da femministe la realtà che viviamo, nella sua completezza e complessità.

Me-DeA è un progetto, Me-DeA è fatta di donne vive, corpi che si muovono, occhi che guardano, teste che pensano, gambe che camminano.

Corpi di donne come il corpo di Valentina, violentata in un parcheggio, violentata da una sentenza di tribunale, Valentina che si è suicidata nel 2008 nella sua casa di studentessa, quartiere Vanchiglia, Torino.

La chiamiamo, da sempre, violenza di genere.

Occhi che hanno dovuto fissare, sui muri della nostra città, nel 2009, sindaco Chiamparino, giunta di centro- sinistra, il manifesto che invitava i cittadini a scoprire le varie attività della loro circoscrizione semplicemente scoprendo una donna, seminuda e ammiccante.

La chiamiamo, da sempre, mercificazione del corpo femminile.

Teste che scelgono della propria vita e dei propri sentimenti, che dicono anche dei no, come Sara, 26 anni, che è stata ammazzata nel 2007, buttata in un sacco nero e abbandonata in un bosco alle porte di Torino da un amico che non aveva tollerato il suo rifiuto.

Lo chiamiamo, da sempre, femminicidio.

Gambe che camminano tutto il giorno, sfinite, per le strade della periferia torinese, come quelle di Jorvanenka, giovane rom all’ottavo mese di gravidanza, aggredita lo scorso anno da un ragazzo italiano che l’ha picchiata con una mazza da baseball tanto violentemente da farle perdere il bambino che aspettava.

Vite distrutte e annientate, come quella di Joy detenuta nel Cie di Via Corelli a Milano, stuprata da un ispettore di polizia poi assolto dai tribunali italiani.

Lo chiamiamo, da sempre, razzismo.

E ci dobbiamo indignare proprio e solo oggi, 13 febbraio 2011?

La donna come oggetto politico e della politica, terreno di scontro, o scambio, tra poteri, la donna ridotta a solo corpo, la cui disponibilità, subordinazione e dipendenza costituiscono nuovo e necessario strumento di controllo sociale, la donna costretta nell’esclusivo ruolo di madre quale formidabile e conveniente passaggio intermedio che ha come obiettivo finale l’imposizione di nuovi modelli sociali ed economici… questi sono scenari con i quali ci misuriamo, e opponiamo, ormai da anni.

La donna è la politica, ma è una donna smembrata, sminuzzata e parcellizzata per centimetri di corpo utile esattamente come in qualsiasi pubblicità, immagine o rappresentazione in cui ogni brandello di nostra carne viene accostato a un prodotto da vendere, talmente mortificato da risultare persino meno vitale della cosa/merce da cui è assorbito:  non siamo centro di desideri, bisogni, scelte, emozioni, rabbia, lotta, decisioni e reazioni,  ma incubatrici, tangenti,  badanti, prede e  serve, a casa e nel lavoro.

Un pezzo di donna per tutti.

La donna del “berlusconismo”, che è la messa in scena della donna della televisione e di un immaginario costruito ad arte, è corpo eternamente giovane e perfetto, sorriso compiacente, bottino sessuale. E’ la donna convinta, complice e vittima inevitabile, di poter scegliere di usare se stessa per il denaro,  per la fama, per sistemarsi… scelta fittizia e manipolata che finisce per affermarsi come paradigma di modernità, libertà e autonomia.

La donna della Chiesa, che è vergine, casta, fedele… non virtù queste, ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. Una donna che deve essere sempre qualcos’altro da sé, e da quell’alterità sempre nominata e definita, o come moglie o come madre o come sorella.

La donna dello Stato e delle sue leggi, la donna, per esempio, nella visione di Roberto Cota e Caterina Ferrero, incapace di prendere decisioni, giuridicamente cancellata per riconoscimento di diritto di chi non è nato, non in grado di scegliere se diventare madre, superficiale se opta per l’aborto,  presa in carico e controllata persino nei luoghi che le stesse donne hanno voluto e imposto: i consultori.

La donna del ministro Sacconi e del suo Libro Bianco, che propone un modello sociale,  economico  e lavorativo per tutti e per tutte, dal concepimento fino alla morte naturale e che alla donna riserva un destino, e ruoli, ben precisi: lavoratrice precaria o comunque part-time, ovviamente  italiana,  sposata, con almeno un figlio. Una donna per la quale il tempo in cui non lavora fuori non è tempo per sé ma tempo per lavorare in casa, a sostituire obbligatoriamente tutti quei servizi pubblici che lo Stato taglia, smantella, svende al privato e consegna al volontariato, meglio se cattolico.

Vorremmo che ogni giorno dell’anno, a questa donna per frammenti d’uso, che vorrebbero senza voce e senza storia, si opponessero le donne intere, corpo, urlo, realtà: non solo contro Berlusconi ma forti e autodeterminate davvero contro tutto quanto ci  riduce a figure minori della società, della politica, della cultura e delle nostre stesse vite.

Nessuna strumentalizzazione, nessuna distinzione di moralità, nè donne perbene né donne permale, italiane e migranti.

Posted in 13 febbraio, comunicati/volantini, iniziative.


2 Responses

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  1. marilena maffioletti says

    sono andata a milano. Il primo intervento mi ha fatto infuriare: hanno letto delle esortazioni di teresa di calcutta! Ho manifestato il mio dissenso ad alta voce ma, fra le donne a me vicine, nessuna mi ha dimostrato condivisione. Mi domando chi,fra le organizzatrici, ha avuto una così brillante idea, voi siete d’accordo con me che teresa non è un modello per noi donne?

  2. Doriana says

    in sintonia con Me-Dea, (e anche con le compagne del collettivo DonnedaSud) non ho firmato alcun appello e non lo faro’,ma credo sarebbe un errore non attraversare la piazza,domenica, con i nostri “messaggi” …grazie per la serietà del vostro impegno.