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99 partigiane cadute in Piemonte

Sono 99 le partigiane cadute in Piemonte, pubblichiamo alcune delle loro storie avvalendoci del prezioso lavoro di recupero e archiviazione di dati, notizie e testimonianze portato a definitiva stesura nel 1974 dalla Commissione Femminile dell’Anpi.

MARIA AGAZZI, nata a Torino il 29 maggio 1915, residente a Borgone, figlia di Vincenzo Giuliano e Maria Cugno, operativa nella Brigata “Walter Fontan” dal 1 agosto 1944 al 28 novembre 1944, cooperò con la squadra volante e con le sue informazioni permise la cattura di molti ufficiali e soldati delle Bande Nere. Il suo comandante, “Pino”, la definì ottima partigiana, coraggiosa e attiva.

“Maria entrò a far parte come informatrice della squadra dei Patrioti di Borgone il 1 novembre 1943. Sprezzante d’ogni pericolo, ci teneva informati di tutti i movimenti nazifascisti che avvenivano nella zona della Valle di Susa e prese anche parte a diverse azioni di guerra tra cui il prelevamento di tedeschi e fascisti. Nonostante il divieto di entrata e uscita da San Giorio pena la morte, paese in cui era stata collocata una formazione di artiglieria pesante per effettuare bombardamenti, riuscì a farsi condurre dallo stesso comandante a osservare le batterie: abilmente seppe farlo chiacchierare ed ebbe il permesso di guardare dal cannocchiale che era volto verso la montagna di fronte.

Poté in tal modo vedere in ogni minimo particolare tutto ciò che facevano i partigiani che là si trovavano, mentre il comandante continuava a darle spiegazioni circa il prossimo bombardamento che preparavano contro i partigiani e quand’essa obiettò che potevano ritirarsi dietro il costone della montagna, rispose che altri reparti fascisti sarebbero saliti da Viù per prenderli tra due fuochi. Fatta notte, Maria lasciò inosservata l’accampamento tedesco e due ore dopo al comandante Negro della 42 Brigata d’assalto garibaldina “Walter Fontan” arrivava una staffetta portando notizie esatte sul prossimo rastrellamento.

Al ponte ferroviario sulla Dora, tra S. Antonino e Borgone, riuscì a far prigioniero il comandante del distaccamento che faceva servizio di guardia e a far disertare tutti i suoi uomini con tutto il materiale bellico.

Una sera, tornando a casa da una missione, scorse un militare della Folgore e una signorina che amoreggiavano, seppur stanca, con la scusa della pioggia e dei partigiani li fece entrare in casa, riuscì ad avvertire i compagni e fece in tal modo catturare un altro della Folgore.

Il giorno dopo veniva arrestata e due giorni dopo cadeva sotto il piombo fascista, fucilata nei pressi del cimitero di Borgone.”

MARIA LUISA ALESSI, nata a Verzuolo (Cuneo) il 17 maggio 1911 da Giuseppe e Francesca Martino, residente a Saluzzo. Operativa come staffetta per la XV Brigata Garibaldi dal 1 gennaio 1944 al 26 novembre 1944.

“Maria Luisa collaborò con i partigiani fin dall’8 settembre e fu con le prime squadre che si formarono nella Valle Varaita. Collaboratrice preziosa, prestò la sua opera quale staffetta e informatrice, rendendosi utile ai compagni. Venne arrestata a Cuneo nel novembre del 1944 quale pericoloso elemento antifascista e fu portata in carcere con altri sei partigiani. Maria Luisa conservò nelle giornate di prigionia la più grande serenità, infondendo nei compagni coraggio e fermezza. Le fu proposto di fuggire ma rifiutò. Ai fascisti che sino all’ultimo le promettevano la salvezza in cambio di nomi di partigiani rispondeva soltanto: vigliacchi!

Fu condannata a morte e venne portata coi sei compagni al luogo dell’esecuzione, il piazzale antistante la stazione di Cuneo.

All’ordine di fuoco nessuna delle camice nere ebbe il coraggio di mirare a lei. Caddero i compagni e lei sola, illesa, rimase in piedi. Allora si volse chiedendo con gesto interrogativo: e a me? L’ufficiale, esasperato, le sparò.

Per 48 ore i cadaveri furono lasciati sul luogo dell’esecuzione, mirabile esempio di sacrificio ed eroismo, tragica accusa di ferocia e crudeltà per i nazifascisti.”

FRANCA ALONGE, nata a Marsala il 22 agosto 1927, da Salvatore e Angelica Angoglia, studentessa e residente a Torino con la famiglia. Operativa con una formazione autonoma dell’VIII Divisione Alpina valle dell’Orco.

“Raccontò la mamma come la sua figliola, di carattere riservato e tranquillo e amante dello studio, fosse indotta a lasciare la famiglia a 17 anni per raggiungere le formazioni da un discorso trasmesso per radio in cui Graziani invitava la popolazione a denunciare e uccidere i “banditi”. Per sei mesi svolse quindi attività di staffetta nella zona del lago di Candia e si prodigò in ogni modo per alleviare la dura vita dei partigiani.

Alla Liberazione la mamma la cercò festante fra le colonne di partigiani che scendevano verso Torino e portava sul braccio un soprabito perché si potesse subito cambiare, ma non la vide giungere.

Solo dopo qualche giorno seppe che era stata uccisa in un agguato a Montalenghe l’11 gennaio 1945.”

EMMA BISCIA, nata a Villanova (Cuneo) il 13 aprile 1920, da Oreste e Rosa Avigliana.

Operativa dal 1 agosto 1944 nella Brigata Ellero, V Divisione Alpi Mondovì come informatrice e portaordini.

“Sorella di due partigiani, di cui uno pure fucilato dai nazifascisti, fu catturata e tenuta un mese come ostaggio a Roccaforte di Mondovì, presso un distaccamento delle Brigate Nere al comando del Tenente Canessa. In seguito a un attacco partigiano, le brigate sgombrarono Roccaforte e portarono con loro Emma e altre due compagne tenute in ostaggio con lei. Tutte e tre furono assassinate per rappresaglia nei pressi di Magliano, località Crava, il giorno stesso della ritirata fascista, il 4 marzo 1945”.

JENNY CARDON, nata a Torre Pellice (Torino) l’11 marzo 1917 da Luigi e Margherita Piastre.

Operativa dal 1 dicembre 1944 al 23 aprile 1945 con la formazione Val Pellice, V Divisione Alpina Toia, si segnalava in particolare per le delicate operazioni di collegamento tra i reparti.

“per lunghi mesi alimentò con il suo esempio e la sua fede la lotta partigiana nella Val Pellice. Mentre infuriava l’ultimo combattimento, dopo essere tornata in formazione subito dopo il rilascio, era infatti stata arrestata pochi giorni prima, si recò a una posizione d’armi partigiana per portarvi un ordine. Sorpresa dal nemico che fuggiva, fece scudo col proprio corpo per impedire ai nazifascisti di sottrarsi al micidiale concentramento d’armi partigiane. Cadde per colpo fascista il 23 aprile 1945 in regione Rio Gros. Proposta per la medaglia di bronzo al valor militare”

ANNA MARIA DAO, figlia di Costanzo e Caterina, nata a Elva (Cuneo), il 25 luglio 1876 e residente a Stroppo, Cuneo. Operativa dal 1 agosto 1944 al 28 agosto 1944 come informatrice e staffetta presso la 104 Brigata d’assalto Garibaldini “Carlo Fissore”. Medaglia di bronzo al Valor Militare.

Relazione del comandante di Brigata, Stefano Revelli, Steve:

“ella è entusiasta e attiva e aiuta sin dai primi giorni il movimento partigiano. Quando questi occupano la Valle, nell’aprile del 1944, mette a disposizione le sue doti d’intelligenza, la sua posizione di ricevitrice postale per poter segnalare tutti i movimenti avversari. Aiuta con tutte le sue possibilità i giovani telefonisti partigiani e assume essa stessa l’incarico di dare e ricevere notizie per i comandanti: le comunicazioni, prima malsicure, divengono in breve stabili e tutto funziona grazie alla sua opera continua.

A chi le prospetta l’eventualità d’essere scoperta e denunciata, ella serenamente risponde: faccio il mio dovere di italiana e continuerò a farlo, perché per me voi ragazzi siete tutti miei figli e voi sapete che ho due nipoti tra i partigiani.

Il 25 agosto 1944 il nemico attacca in forze la Val Maira dopo la costituzione del fronte occidentale. La lotta tra partigiani e tedeschi è accanita, le intenzioni del nemico sono evidenti: forzare ad ogni costo la valle e raggiungere il colle di confine.

Ella intercetta le comunicazioni e, ferma al suo posto, segnala ai partigiani i movimenti del nemico fino all’ultimo momento, fino a che i tedeschi non giungono nei pressi e anche allora, per quattro giorni e quattro notti continua nel suo estenuante lavoro, non si preoccupa di sé o della sua vita, pensa solo a mantenersi collegata con i Comandi Partigiani, pensa a comunicare loro ogni progresso d’avanzata avversaria. E quando la avvisano che i tedeschi stanno per entrare in paese e le consigliano di allontanarsi e mettersi in salvo, risponde: io qui rimango, ho salvato la vita ai partigiani e posso essere ancora loro utile e se dovrò morire morirò contenta perché ho dato i miei ultimi anni alla salvezza della Patria.

A breve venne sorpresa dai tedeschi e dopo un giudizio sommario condannata a morte.

Fu barbaramente uccisa mediante colpo di pistola alla nuca nella zona Fornaci di Stroppo il 28 agosto del 1944.”

ELSA FALERNO, nata a Torino il 17 aprile 1930 da Camillo e Margherita Dezzano. Operativa dal 15 settembre 1944 presso la formazione CQ, distaccamento Vernone G.L. con il grado di vice commissario di Brigata.

Aveva sotto il suo comando 106 uomini.

“Era studentessa – ha detto la mamma – e aderì al movimento avendo lo zio capitano delle formazioni G.L., conosciuto come l’Alpino. Cominciò a fare la staffetta già alla fine di ottobre del ’43: riceveva messaggi e li portava a destinazione. Sovente con le armi nella cartella passò il posto di blocco di Superga. Andava a ritirare le bombe, saliva sul treno per consegnarle a chi le stava aspettando.

Il 30 marzo 1945 i repubblichini andarono alla sua scuola per prelevarla, ma dato che lei era contemporaneamente impiegata alla Fiat, una compagna poté correre ad avvertirla, Elsa fuggì per un’altra porta e riparò in montagna, presso lo zio.

Ritornò a Torino il 25 aprile, il 27 andò nell’alloggio di un’amica in via Alfieri per annunciarle la vittoria… lì ancora si combatteva, si affacciò a una finestra e fu colpita da una fascista che l’aveva individuata e sparava da una finestra della casa di fronte. Fu colpita alla testa.”

PAOLA GARELLI, nata a Mondovì il 14 maggio 1916, pettinatrice. Dall’ottobre del 1943 svolge a Savona attività clandestina, entra a far parte della Brigata Colombo, divisione Gramsci e svolge compiti di collegamento e di rifornimento viveri e materiali.

Paola viene arrestata nella notte tra il 14 e il 15 ottobre 1944 nella propria abitazione di Savona a opera di militi della Brigata nera, tradotta nella sede della federazione fascista di Savona, fucilata il 1 Novembre senza processo, sul prolungamento a mare della fortezza di Savona, coi i compagni Franca Lanzone, Stefano Peluffo, Luigia Comato, Pietro Casari e Giuseppe Baldassarre.

Questa la sua ultima lettera alla figlia:

“mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, creatura mia adorata, sii buona studia ubbidisci sempre agli zii che t’allevano, amali come se fossi io. Io sono tranquilla, tu devi dire a tutti i nostri cari parenti che mi perdonino il doloro che do’ loro. Non devi piangere né vergognarti di me. Quando sarai grande capirai meglio.

Ti chiedo una cosa sola, studia, io ti proteggerò dal cielo. Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandovi.

La tua infelice mamma.”

ELEONORA GAZZIGNATO, nata a Torino il 16 novembre 1922, formazione D’Agostino, Divisione Garibaldi.

Fu partigiana come i suoi quattro fratelli, di cui uno appena tredicenne. Combattente di grande coraggio e di sicura fede, secondo le testimonianze dei suoi compagni, svolgeva servizio informazioni e di collegamento tra Sassi, Asti, Pinerolo e Torino.

Barbaramente trucidata dalle Brigate nere in via Asti il 11 ottobre 1944, aveva 22 anni.

MARIA TERESA GORLIER, nata a Thures di Cesana, in provincia di Torino, il 21 settembre 1921, dal 1 gennaio 1944 al 27 giugno 1944 staffetta e informatrice nella Val Chisone, ammazzata nel cortile della caserma Incis a Cesana dal Sergente Maggiore Basaglia, che le sparò da una finestra mentre era a terra, ferita, riversa nel cortile interno del caseggiato: si era lanciata da una finestra per sfuggire a un tentativo di violenza da parte di un gruppo di repubblichini al comando del capitano Gino Cera.

Questo la testimonianza di Don Giuseppe Marabotto, raccolta nel 1953:

“Maria era nata a Cesana, venne assassinata barbaramente dai fascisti della G.N.R. mentre era loro prigioniera a Cesana, rinchiusa nella casa Incis, dove in quel tempo anche io mi trovavo prigioniero. L’uccisione avvenne il mercoledì sera del 4 luglio 1944 per mano del Sergente Basaglia armato di mitragliatore che scaricò sulla poveretta tutto un caricatore: trentadue colpi! La Maria dovè essere esasperata dalle richieste continue e impudiche dei suoi guardiani perché a un tratto, dalla cella vicina, la sentii gridare – preferisco morire! – poco dopo sentii aprire la finestra e udii, subito dopo, un tonfo… Maria s’era lanciata dal secondo piano della casa ed era caduta rompendosi una gamba. Il dottor Manzon, che ne constatò il decesso, riferì che i colpi d’arma da fuoco sparati in seguito erano tutti davanti, seno, collo, fronte e non dietro come affermato dai fascisti al processo, che si sono difesi dicendo che la ragazza stava scappando e hanno dovuto spararle per fermarla.

Era una staffetta preziosa e fidatissima, la sua attività consisteva in controspionaggio, raccolta di armi da destinare ai partigiani di Marcellin, viveri e aiuti per i partigiani della Banda Chabaud e per altri partigiani che spesso ospitò e nutrì nella propria casa.

Quando venne arrestata, il 28 giugno 1944, era venuta a Cesana a ritirare oggetti che erano di un partigiano che avevo sottratto ai repubblichini e che portavo a Thures, Teo Minelli.

Maria morì due volte da martire: della sua purezza e della Libertà!”

Posted in 25 aprile, resistenze, storie di donne.


2 Responses

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  1. giuseppe nida says

    purtroppo il vergognoso e putrido tarlo del fascismo persiste tutt’oggi nelle menti malate di molti , forse troppi italiani . Ciò è dovuto al mancato riconoscimento ufficiale da parte dello Stato dei gravi errori e degli scempi fascisti accaduti in quel periodo . Fino a che l’Italia non si libererà dei propri inconfessabili scheletri ancora racchiusi negli armadi dei “segreti di stato” , l’ignoranza di molti italiani continuerà a confondere la bassa macelleria del periodo fascista con l’illusione di un secondo risorgimento. Giuseppe Nida

  2. Glicine says

    Che begli articoli! Grazie!