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Due o tre cose che sappiamo di loro…

Il Movimento per la Vita nasce nel 1975 a Firenze, con lo scopo di contrastare il fenomeno dell’aborto, allora clandestino, di impedire l’introduzione nella legislazione italiana di qualsiasi normativa volta a regolamentare l’aborto stesso e infine, terzo obiettivo, dare piena applicazione politica e sociale all’Enciclica Humanae Vitae, scritta nel 1967 da Paolo VI.

Sono gli anni dei primi consultori autogestiti dalle donne, sorti specialmente nei quartieri popolari delle grandi città, del milione di aborti clandestini, dei cortei delle donne, delle autodenunce presso i tribunali  di decine di militanti dei collettivi femministi che si accusavano di aver abortito per riuscire a portare all’attenzione dei media e della politica lo strazio delle morti sui tavoli delle mammane e la necessità di una regolamentazione che riconoscesse, secondo una parte del movimento, a tutte la possibilità di interrompere la gravidanza in modo gratuito e sicuro nelle strutture pubbliche.

E’ in questo clima che Carlo Casini fonda il primo Centro di Aiuto alla Vita.

Casini è a tutt’oggi presidente del Movimento per la Vita,  esponente della Democrazia Cristiana fino al suo scioglimento, attualmente deputato europeo nelle file dell’UDC, membro della Pontificia Accademia per la Vita, docente di bioetica presso l’ateneo pontificio Regina Apostolorum e tra i fondatori di Scienza e Vita.

Il Movimento per la Vita è articolato per federazioni regionali e organizzato in tre diverse sezioni:

  • Il Comitato Scientifico, che affronta appunto le problematiche scientifiche relativamente ai temi oggetto dell’attività del Movimento per la Vita, in particolare, negli ultimi anni, nel campo della bioetica. Presidente è Paola Binetti.
  • l’Area Politica, che si è occupata nel 1981 della promozione del referendum per abrogare la legge 194, nel 2005 si è mobilitata per l’astensione in occasione del referendum sulla legge 40 e in generale ha come obiettivo far pressione a livello politico e di opinione pubblica su enti, istituzioni e su tutti e diversi organi territoriali, in ambito sanitario e scolastico in particolare. L’area politica si occupa della formazione e dell’organizzazione di interventi nelle scuole, oltre che della realizzazione di materiale informativo, dai libri ai film, si ricorda per esempio “l’urlo silenzioso”, documentario che dal 2002 viene proiettato al Salone del Libro in cui si filma un aborto in utero, o il materiale che viene introdotto nelle scuole, per esempio i manifesti, in cui con la tecnica dell’ingrandimento, un feto oltre i 3 mesi viene fatto passare per un embrione di poche settimane o ancora il trimestrale “Sì alla vita”, in cui, nell’editoriale dell’ ultimo numero, si fa riferimento alla delibera Ferrero approvata dal Consiglio regionale del Piemonte, con “grande rallegramento per il mantenimento degli impegni assunti in campagna elettorale a sostegno della vita fragile, ovviamente quella del concepito”… E’ l’area politica ad organizzare seminari, corsi di formazione, concorsi nelle scuole ed eventi artistici quale, per esempio, la Mostra sulla Vita allestita in occasione dell’ultima ostensione.
  • i Centri di Aiuto alla Vita, 331 in Italia dal 1985, 7 a Torino e 15 nelle diverse provincie, 45 in totale in Piemonte. Secondo i dati, parziali, sul territorio nazionale i Cav, dalla loro prima fondazione, hanno “salvato” tra i 70.000 e gli 80.000 bambini, istituito 80 Case di Accoglienza con la finalità di “prevenire l’aborto e aiutare la donna a far nascere il suo bambino e realizzarsi come mamma”.

Sappiamo come agiscono i volontari del MpV, alcuni fatti nel corso degli anni sono stati anche riportati dai giornali, non ultimo il caso di Maria, aggredita e insultata a Torino, e non dimentichiamo le testimonianze di donne che raccontavano di volontari con su i camici bianchi in modo da farsi passare per medici ed entrare più facilmente nelle stanze, il grido “assassine” urlato in reparto al Maria Vittoria qualche anno fa oppure le preghiere il martedì all’alba davanti al Sant’Anna o l’adorazione che si tiene ogni mese per invocare il perdono divino e lavar via il peccato dalle donne che hanno abortito… e questi sono fatti già terribili, ma raccapricciante davvero è l’opuscolo del Progetto Gemma in cui l’adozione a distanza di una mamma in attesa, vale a dire 160 euro al mese per 18 mesi, viene proposta come regalo in occasione di matrimoni, anniversari, battesimi…o quello, in cui si sfiora il grottesco, del Pronto Intervento Vita Nascente, che si rivolge ai bambini non ancora nati e alle donne lacerate dal senso di colpa per aver abortito, e sulle seconde abbiamo la certezza che possano, se vogliono, fare la telefonata, sui bambini non ancora nati abbiamo dei dubbi!

Ma c’è anche un altro livello che è necessario conoscere, soprattutto ora, con la delibera Ferrero che di fatto apre i consultori del Piemonte ai volontari della associazioni che abbiano nello statuto la finalità di tutela della vita fin dal concepimento, vale a dire la formazione che il MpV eroga periodicamente per attivisti e aspiranti tali.

Noi lo abbiamo fatto dall’interno, e due elementi vanno sottolineati: il primo, se è vero che la formazione dei volontari è permanente, da qualche settimana sono partiti percorsi ad hoc, proprio per gli aspiranti volontari che entreranno nei consultori ( il che vuol dire che loro sono pronti!), il secondo riguarda come è stata organizzata la formazione e quali ne sono i principi fondanti:

  1. i Cav sono di fatto centri di assistenza cui una donna si rivolge per scelta, non sono un servizio e non sono collegati con i consultori, solo il 5% delle donne che si rivolgono al MpV è inviato da operatori dei consultori, quindi entrarvi direttamente dentro implica un formidabile cambio di senso, il MpV diventa un servizio: per gli esponenti del MpV del Piemonte la trasformazione del Welfare da pubblico a privato sociale volontario che sta alla base del Libro Bianco di Sacconi è già realtà.
  2. il problema del tipo di donne che si rivolgono ai Cav, si tratta infatti di donne in situazioni di particolare fragilità e disperazione, ma soprattutto, è la composizione sociale e familiare e culturale che “preoccupa” perché l’interesse è a intercettare anche le altre… e qui evidentemente la questione dell’aborto è secondaria, l’obiettivo è penetrare, nei consultori, quel segmento sociale femminile che al MpV per sua scelta non si avvicinerebbe mai. Ecco perché tanta importanza è attribuita al momento dell’accoglienza, che nella delibera Ferrero non a caso è centrale.
  3. il tipo di informazione che viene proposta alle donne nei consultori, a dire del MpV troppo centrata, nel linguaggio, sul concetto di autodeterminazione, su quello di desiderio di maternità (qui il riferimento è alla fecondazione assistita, presentata come “tecnicismo esasperato che permette le forme più strane di riproduzione”) e, incredibilmente, sull’insistenza del termine “donna” al posto di mamma… proviamo a immaginare che tipo di opuscoli e dépliant entreranno nei consultori coi volontari!

Per quanto riguarda la formazione più nello specifico, formazione partita a novembre e che Cota si è impegnato a finanziare, va detto che per quanto riguarda i destinatari si tratta nella gran parte di donne, età media dai 65 anni in su, attive nei Cav del Piemonte, senza alcuna formazione o competenza specifica di tipo sanitario, psicologico o medico e anzi, ad una prima impressione, assolutamente inadeguate a cogliere la complessità anche solo strutturale di un luogo come un consultorio: la dimensione in cui si muovono è quella religioso- militante, come investite di una sorta di missione salvifica e tale dimensione tendono a riprodurre,  o a sovrapporre a quella del presidio pubblico, peraltro considerato come del tutto divergente  dalla natura del MpV, sia per le prestazioni che offre, dall’interruzione di gravidanza alla contraccezione, sia per la formazione laica del personale che vi opera. Questa è una prima impressione che si è ricavata.

Dall’altra parte della “cattedra”, soprattutto docenti universitari di orientamento ben preciso.

Nelle loro relazioni, vi sono nodi intorno ai quali le argomentazioni sono costruite, se ne elencano solo alcuni ma emblematici: embrioni e feti sono bambini, il bambino è un dono, l’aborto porta necessariamente con sé senso di colpa, consultori e ospedali sono restii a collaborare con il MpV e troppo “liberi” nel concedere i certificati per l’interruzione, ruolo centrale è quello maschile, come sostegno, protezione, sostentamento, la donna in attesa deve acquisire una sensibilità etero centrata, vale a dire mettere il bambino al centro di tutto e intorno a quell’attesa tutto ruota.

Le donne ridotte ad incubatrici, ancora e di nuovo.

Per concludere, riportiamo l’ultimo capoverso dell’art. 3 dello Statuto del Movimento per la Vita:

“…sono pertanto compiti specifici della Federazione la tutela e la promozione della vita umana, con particolare riferimento a quelle fasi in cui maggiormente il diritto all’esistenza o l’uguale dignità degli esseri umani siano negati o posti in forse dal costume o dalle leggi. Per tali ragioni la Federazione si oppone anche alla legge 194/78, così come ad ogni provvedimento che voglia introdurre o legittimare pratiche abortive”

Se per loro è così chiaro da costituirne lo Statuto, deve esserlo anche per noi: non li vogliamo nei nostri consultori, non li vogliamo nei luoghi delle donne, non li vogliamo a frugare nelle nostre vite!

Posted in anticlericale, autodeterminazione, consultori, contraccezione, corpi, delibera ferrero.


2 Responses

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  1. Doriana says

    vorrei aggiungere solo una cosa: il centro antiviolenza presente nel territorio comunale , sostenuto finanziariamente dal comune, dalla provincia e dalla regione è una fondazione cattolica e per statuto ” fedele ai principi ispiratori della Caritas ed alle sue finalità pedagogiche e pastorali”.siamo messe bene non c’è che dire.

  2. Doriana says

    capita invece che alcune donne non si rivolgano ai cav per scelta ma per disperazione, cioè: perchè sono le uniche “strutture” esistenti in alcuni territori (vedi alcune zone del sud), le uniche che avendo soldi possono aprire loro sedi, gestire linee telefoniche, occupare spazi e farsi dare voce attraverso le istituzioni (che le prediligono rispetto ad altre associazioni/organizzazioni), per motivi poco nobili. a catanzaro , ad esempio, è successo che l’8 marzo scorso l’amministrazione provinciale ha finanziato (con i soldi pubblici) un evento i cui proventi sono stati destinati proprio al movimento per la vita, e nessun* in città ha ritenuto “opportuno” contestare la cosa, tranne le “solite”, ovviamente.
    (http://suddegenere.wordpress.com/2011/03/04/comunicato-stampa-e-richiesta-sottoscrizione-2/)